Il Dio dei ponti
Da giorni ho una grande tristezza in cuore: quelle notizie dalla Francia ti prendono l’anima e ti lasciano allibito, senza parole. Tutti quei giovani e quelle vite stroncate, in nome di cosa? Di un dio che vuole e comanda che gli uomini si uccidano, si massacrino? Quel Dio di cui parlano, se mai esistesse dev’essere pazzo per desiderare una cosa simile dal genere umano e irragionevoli sono coloro che lo seguono. Un dio che riflette il peggio dell’uomo: le sue sozzure, i suoi lati oscuri, l’odio, il desiderio di sopraffare altri essere umani; è quanto di peggio c’è nel nostro intimo e a cui noi diamo un nome nobile. L’odio, questo tipo di odio è il vero volto del Male e il vero nome che gli va attribuito.
Mi ritornano alla mente le parole del reporter giapponese, Kenji Goto ucciso dall’ISIS il cui video è stato lanciato nel web il 31 gennaio di quest’anno: ”Chiudo gli occhi e resto calmo. Se mi arrabbio e urlo è finita. E’ quasi una preghiera. L’odio non è per gli umani. Il giudizio è di Dio. Ecco cosa ho imparato dai miei fratelli e sorelle arabi”. Il messaggio era stato inviato via twitter il 7 settembre del 2010, cioè 5 anni prima della sua esecuzione per mano dell’ISIS e dopo la sua morte è stato ri-twittato per 28.000 volte facendo grande scalpore. Quest’uomo e queste parole, penso che spieghino bene chi è Dio: è l’essere che vuole e guida la pace, l’amore, il dialogo e che solo potrà un giorno giudicarci. In questi giorni mi vengono in mente anche tutti i morti in Nigeria, le stragi nei mercati e nelle chiese, i miei amici in quelle terre, in Pakistan; poi i profughi siriani, la Palestina. Penso a tutti coloro che soffrono su questa terra: e sono davvero tanti. Penso ai morti per attentati quasi giornalieri nel sud della Thailandia, di cui i giornali internazionali non parlano mai, ai profughi Rohinya; penso ai miei amici musulmani nella moschea a Chiangmai; penso a Mae Sot dove ancora oggi arrivano i profughi dal Myanmar in cerca di una vita migliore. Mi risuonano nell’anima le parole, un appello che Chiara Lubich lanciò con una lettera del 23 novembre del 1980, da Zurigo: “Dio vuole da noi che ci amiamo come Egli ci ha amati. Questo vuole. E vuole che amiamo tutti come Egli ci ha amati. Se nelle vostre città poi v’è una moschea o una sinagoga o qualche altro luogo di culto non cristiano, sappiate che lì è il vostro posto. Trovate modo di venire in contatto con quei fedeli, di stabilire un dialogo .”. Queste parole, risultano quanto mai attuali oggi e ci spingono a creare un rapporto con chi non ha la nostra stessa fede: un rapporto vero, profondo, perché l’altro per me è il volto del Divino. La vera alleanza dei fedeli di altre religioni contro il Male è un’alleanza di preghiera, d’amore e di dialogo senza tregua che rientra in questo richiamo, direi un grido attuale di Chiara Lubich, perché lì è la strada da percorrere: Dio, il nostro, di tutti noi che viviamo sulla faccia della terra, è il Dio del rapporto e del dialogo e dell’amore. Non ne esiste un altro. Il resto non voglio conoscerlo perché è una creazione umana: il Male.
Andando per le strade di quest’Asia, nei campi profughi, nei centri di HIV, tra i poveri, tra coloro che soffrono e sono emarginati, mi accorgo sempre di più che il Dio che conosco è questo: non ne esistono altri.