Il dialogo di Dio con l’angelo Gabriele
Quando l’Eterno Padre ha pensato di interpellare Maria, ha chiamato l’angelo migliore che aveva, il più adatto.
«Gabriele, vieni qui, ho un incarico da darti. Ho scelto te per questo compito, che è il più importante di tutta la storia degli uomini. Vai da Maria, sì, quella ragazza speciale di Nazareth. Mi raccomando anzitutto una cosa: portale la gioia! Una ventata di gioia, un uragano di gioia.
Sai, lei non avrà una vita facile, quando ci penso mi commuovo anch’io, ma che almeno le rimanga sempre nel cuore questo incontro con te come un momento meraviglioso, indimenticabile di gioia, la gioia del Paradiso. Lei questa gioia ce l’ha già nel cuore, ma ha bisogno che tu gliela porti.
Gabriele, so che sei bravo e so che ce la metterai tutta. Ma vedrai, non basterà. Lei si spaventerà. Ha un cuore così sensibile, così umile, come non ne ho mai visti. Continuerà a domandarsi: “Perché proprio io, con tutte le ragazze belle, capaci e brillanti che ci sono in Israele?”. Sai, Lei si sente sempre un po’ strana, un po’ sbagliata, perché vede che gli altri si preoccupano di sé stessi, sono sempre condizionati dal loro egoismo, lei invece ama sempre, è sempre fuori di sé, si dona a tutti…
Comunque tu dovrai rassicurarla, tranquillizzarla almeno un po’. Non sprecare parole inutili con lei. L’unica realtà che la rassicura sono io. Se le parli di me si sentirà a casa, troverà la pace. Ricordati: raccontale il frutto, il risultato finale di quello che succederà. Adesso ti dirò io tutte le parole esatte che le devi dire. Però non dirle nulla della strada che dovrà fare. Lei ha fede, nessuna crede in me come Lei. E quando dovrà attraversare le tempeste anche terribili della vita continuerà a ricordarsi il traguardo che le avrai annunciato, si aggrapperà lì, la mia promessa sarà la sua forza. Alla fine, raccontale di Elisabetta e vedrai che quando le dirai: “Nulla è impossibile a Dio” troverà la pace».
Forse anche Maria ha avuto bisogno delle premure di un angelo, perché essere immacolata non vuol dire essere invulnerabile. O meglio: invulnerabile al peccato, sì. Ma non invulnerabile al dolore, al buio, all’angoscia, al dubbio, all’abbandono. Neanche Gesù era invulnerabile a queste cose.
E mi sono chiesto: Sono un angelo anch’io? Quando incontro una persona le porto la gioia o le parlo di me, della mia vita e dei miei problemi? L’angelo dà buone notizie, ce n’è tanto bisogno, nel mondo di oggi così pesante.
E poi saper dire parole di speranza e trasmettere un modo positivo di vedere la vita: “Non temere, non avere paura: hai Dio con te, è una forza dentro di te che ti manda avanti, fatti coraggio”. E alla fine: “Sarai madre”. Portatrice di speranza, partorirai il Figlio di Dio, genererai umanità. Essere angeli è essere anche madri e padri per chi ci incontra.
Parole sempre attualissime. Ne ha avuto bisogno Maria. Ne abbiamo bisogno anche tutti noi.
Don Carlo Josè Seno
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