Il decreto della discordia

Cosa contiene il documento preparato dal ministro della Salute Balduzzi? Pene più severe per chi dà tabacco ai minori, assistenza sanitaria 24 ore su 24 presso i medici di base, norme più dure contro il gioco d’azzardo, regole più chiare per i concorsi dirigenziali nelle strutture sanitarie
renato balduzzi

Alzi la mano chi, almeno una volta, arrivando nello studio del proprio medico di base nell’orario di ricevimento non ha trovato la porta chiusa ed è stato costretto a rimandare all’indomani (nel migliore dei casi) la cura per i propri malanni. Oppure, non potendo attendere, si è precipitato in ospedale, affrontando con pazienza file interminabili. Un problema noto e diffuso, tanto che la proposta del ministro della Salute Renato Balduzzi di poter ricorrere al proprio medico di famiglia e ai suoi colleghi associati 24 ore su 24 è stata accolta decisamente con favore dalle famiglie italiane e dai dirigenti ospedalieri, felici di liberare il proprio pronto soccorso da semplici influenze e mal di pancia. Anche questo provvedimento è contenuto nell’ormai fantomatico decreto salute preparato da Balduzzi (in discussione il 31 agosto nel consiglio dei ministri, poi rinviato agli inizi di settembre), ma già bocciato in massa da personaggi politici e lobby commerciali (chissà perché!).
 
Ma perché questa mini-riforma è finita nell’ombra prima ancora di essere discussa? Il pomo della discordia (apparente) sono  le bibite gassate zuccherate. Provocano l’obesità e fanno male, ha decretato Balduzzi supportato da schiere di medici e nutrizionisti, allora meglio disincentivarne l’uso, informando la gente e applicando una mini-tassa (roba di tre centesimi) su bottigliette e lattine.
Un provvedimento in linea con quanto chiedono (da tempo) le società di medicina e nutrizione, che avrebbe consentito al governo di incassare, in un colpo solo, 250 milioni di euro l’anno e a tirarli fuori sarebbero state soprattutto le aziende produttrici. I fondi, poi, sarebbero destinati al finanziamento del Programma nazionale per la non autosufficienza e all’assistenza delle persone affette da malattie croniche, rare e da dipendenza da gioco d’azzardo patologico.
 
Immediata però è stata l’alzata di scudi: le bollicine non vanno tassate, hanno decretato insorgendo politici e parlamentari, gli stessi che non hanno mai protestato, ad esempio, per i tanti anziani che raccolgono scarti nei mercatini di quartiere. È vero, una bella bevanda ghiacciata fa piacere a tutti, l’importante è non abusarne, il fisico ci ringrazierà, l’umore (e la tasca) pure.
 
Altro punto, il fumo. Chi venderà o darà sigarette ai minori di 18 anni rischierà multe da 250 a mille euro. Pene più severe per chi ripeterà il reato. E qui, niente da aggiungere. Lo sanno tutti che fumare fa male. Ha fatto invece sghignazzare la norma che prevede distanze, per le sale in cui si pratica il gioco d’azzardo, di 500 metri dalle scuole, da altri luoghi frequentati dai giovani, nonché dalle strutture sanitarie o socio-assistenziali e dai luoghi di culto. Basterà? Non basterà? Almeno, è un primo passo verso la disincentivazione. Poi, anche le famiglie possono fare la propria parte. Intanto però bisogna sapere che i “malati di gioco” sono in costante ed allarmante aumento ed è proprio da questo settore che deve venire una parte dei fondi per curarli. Il decreto, comunque, non si ferma qui. Prevede infatti molti altri provvedimenti relativi alla ludopatia, cioè al gioco d’azzardo patologico. Anche i sindaci sono chiamati in causa: potranno infatti disporre la chiusura temporanea o la limitazione degli orari di apertura dei luoghi in cui si praticano giochi d’azzardo, in quei comuni in cui ci siano livelli molto alti di dipendenza.
 
Sbirciando nel decreto si trovano anche nuove regole di trasparenza per la nomina dei direttori generali delle aziende ospedaliere e degli enti del servizio sanitario regionale, con la previsione di un’adeguata pubblicità dei bandi, delle nomine e dei curricula, nonché dei criteri per la valutazione dei candidati. Previsto anche un limite di età per i candidati, che – finalmente! – non dovranno avere più di 65 anni, nonché verifiche dell’operato e dell’efficienza dei direttori generali.
 
Certo, il decreto Balduzzi non è perfetto, ma contiene spunti interessanti, allora è proprio giusto – in assenza di alternative migliori – bocciarlo in toto, senza neppure provare a leggerlo o a migliorarlo?
 

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