Il Cyrano senza naso di Preziosi

Piace ma non convince completamente il poeta senza naso interpretato, in questo secondo anno di repliche, dall'attore napoletano. Al Teatro Quirino di Roma fino al 10 febbraio
Cyrano de Bergerac al Teatri Quirino a Roma

Poeta alla Corneille, spadaccino alla D’Artagnan, Cyrano de Bergerac è malinconico nella sua voglia di divertirsi, libero, spavaldo quando sprezza il pericolo e, allo stesso tempo, affezionato al proprio dolore d’innamorato che si strugge d’amore celandosi dietro un’interposta persona. La sua protuberanza nasale lo fa sentire ridicolo e quasi mostruoso e perciò inadeguato a richiedere l’attenzione di una donna.

È infelice perché incapace di esprimere il suo amore per la cugina Rossana, che non si accorge di quella passione trattenuta e invece ama Cristiano. Così l’attrazione che Cyrano prova per lei la può solo riversare nella gola enfatica, ma senza fantasia, del suo ignaro antagonista e poeticamente imbelle Cristiano. Lo fa attraverso le parole e i versi che gli suggerisce per poter far breccia, questi, nel cuore della donna, la quale si rivelerà invaghitasi più delle parole che del bel giovane. Il vero handicap di Cyrano non è il naso, quindi, quanto la nevrosi di non saperlo accettare. Da qui la sua infelicità, da cui deriva il cinismo, quindi la solitudine. Una solitudine che è dispregio di “come va il mondo”, insofferenza di una società corrotta e pagliaccesca, orrore della stupidità e della crudeltà del potere. È un poeta che usa la spada e i versi in una utopica lotta contro di esso, nello sfondo inquietante di un secolo oscuro come il Seicento.

L’opera di Edmond Rostand, ideata nel 1897, per essere forse compresa meglio e fino in fondo, ha bisogno – anche se è un'impresa che a taluni amanti della spettacolarità può dispiacere – di essere svestita appunto di tutta la sua retorica e magari spogliata anche delle sue romantiche frasi (racchiuse in una cascata di 2.600 versi alessandrini) passate in proverbio (stile “Baci Perugina”). Come ha ben fatto l’asciutta traduzione di Tommaso Mattei per il “Cyrano de Bergerac” di Alessandro Preziosi, al suo secondo anno di repliche.

Oltre ad esserne interprete, Preziosi firma anche la regia dirigendo una macchina scenica ben costruita per ritmo e movimento, ma, e dispiace constatarlo, alquanto traballante per l’effetto chiassoso. A non funzionare, a mio parere, è l’averla riempita di orpelli e fragori, di retorica scenica. Alessandro è un grande attore, di smagliante, concettuale e popolare carriera. Tutto sembra irraggiarsi dalla partecipazione forte e umanissima del protagonista, che si dà, come sempre, corpo e anima e ha un’indiscutibile presenza scenica e doti attorali da vendere. M

a proprio per questo non serve mostrarli facendo il verso a Gassmann, a Carmelo Bene, e ad altri emuli, e variando di continuo toni e pose. Inoltre, con la scelta, non secondaria, di eliminare la protuberanza nasale, Preziosi vuol dirci che Cyrano è in tutti noi, perché il suo naso di taglia extralarge è solo una maschera che vela un’incapacità ad affrontare i sentimenti: perché è uno che ha paura di essere deriso per lo slancio del suo cuore.

Se, da un lato, l’éscamotage vuole smontare l’effetto visivo per puntare l’attenzione sulla tematica della “inadeguatezza” dei sentimenti, dall’altra risulta poco credibile il parlare di bruttezza, di diversità, di viso poco presentabile, quando l’ingombrante elemento è solo nominato. Anche se c’è tutto il resto, i duelli, la rosticceria dei poeti, il carro sul campo di battaglia, l’assedio di Arras, le grandi pene interiori, l’amore svelato in punto di morte, la luna finale, insomma quanto è degli ideali romantici del tempo di Rostand, non avvertiamo quel brivido di commozione per una verità umana espressa.

Inoltre, la resa recitativa degli altri personaggi, a parte alcuni come il servitore Le Bret di Emiliano Masala e il conte De Guiche di Massimo Zordan, risulta alquanto disomogenea. E inadeguata accanto al protagonista. Come lo è la Rossana di Veronica Visentin. Di lei, raffinata intellettuale che disserta di Pascal, dovrebbe innamorarsi la platea intera. Ed invece sta in scena senza appeal. E non troppo dissimile risulta il Cristiano di Benjamin Stender che sarebbe l’attor giovane ma non ingenuo.

Al Teatro Quirino di Roma fino al 10/2. Poi al Comunale di Noto (Sr), il 14; Catania, Teatro Metropolitan, dal 15 al 17; Agrigento, Teatro Pirandello, dal 22 al 24; Palermo, Teatro Biondo, dal 26/2 al 3/3.

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