Il custode angioletto
Che fatica! sospirò piano Angioletto. Non era comodo fare l’Angelo Custode di Mariolino. Sempre appresso al pallone, si cacciava in una serie infinita di guai. Da qualcuno di questi lo doveva pur salvare. Non poteva ignorare la preghiera dell’Angelo che Mariolino aveva recitato da piccolo ogni giorno. Era così bello sentirsi chiamare per nome. Il bambino lo chiamava affettuosamente Angioletto e così aveva preso a volergli più bene. Ora che era un ragazzino di dieci anni non lo pregava spesso, ma Angioletto faceva sempre il suo dovere. Scarta, Mariolino! Gooooal! ed eccolo steso con una gamba fracassata! Ahi ahi – pensava Angioletto -. Mariolino, devi ancora imparare la prudenza! Ora alzati e chiedi il time out, come fa Guttuso… gli sussurrava. Non che l’angelo fosse un tifoso, ma aveva assistito alla partita dei Mondiali con Mariolino. E anche lì aveva avuto il suo daffare! Devi proprio lanciare quel petardo, Mariolino, come ti hanno detto i tuoi amici, contro Alain che è francese e ha perso? Cosa potrebbe succedere dopo? . E Mariolino si era fermato, appena in tempo. Però quel giorno, tornando dagli allenamenti, Mariolino era pensoso e cupo. La vittoria ai Mondiali non poteva lenire l’angoscia di un bambino. Angioletto sapeva perché: i genitori del suo pro tetto avevano ancora litigato seriamente ed erano volate parole forti. L’atmosfera era irrespirabile, come prima di una violenta burrasca. Mariolino aveva paura, paura che potesse accadere l’irreparabile. Non voleva che i suoi genitori si separassero. Angioletto gli camminava accanto: come procedeva lento il suo bambino, che di solito volava per la strada! E fu proprio in quella innaturale calma che Angioletto sentì Mariolino ripetere l’antica preghiera: Angioletto del Signore,/ tu stai sempre qui con me,/ dammi sempre la tua mano/ e poi portami con te…/ …a casa./ Oh, se a casa trovassi un po’ di pace!. E la voce gli si fermò. Piangeva. Angioletto sospirò di tenerezza e si sentì fiducioso: aveva chiesto aiuto anche agli Angeli Custodi dei due genitori, angeli di provata esperienza ormai, che avrebbero certamente fatto un buon lavoro! Così prese per mano il suo bambino. Mariolino si fermò, respirò profondamente e, forte di quella stretta del Cielo, prese a correre verso il portone di casa. Salì le scale a due, a tre gradini alla volta ed entrato cercò la mamma. Le buttò le braccia al collo e, piangendo, tentò l’ultima disperata preghiera. Restate insieme, qui con me, non mi lasciate! Vi voglio bene, mamma, non posso fare a meno di voi!. E noi non possiamo fare a meno di te, Mariolino, perciò abbiamo deciso di ricominciare insieme a volerci bene, come una vera famiglia disse la mamma, guardando papà che aveva abbracciato il suo ragazzetto. Angioletto vedeva bene gli occhi lucidi dei due genitori e fece un cenno, un sorriso, agli altri due Angeli Custodi, quelli di mamma e papà, appunto! Era stato un lavoro di squadra il loro e avevano fatto GOAL: erano riusciti a costruire la pace. Grazie alle preghiere di quel bambino. C’era troppo affollamento in quella cucina. Angioletto decise di prendersi cinque minuti di relax e andò a dare quattro calci al pallone: che stesse diventando un angelo cannoniere? In porta non c’era nessuno e si fece un goal, davvero.