Il crudo del Vangelo

Questo brano, tratto da un testo del 6 dicembre 1973, è il frutto di un’esperienza spirituale un po’ particolare fatta da Chiara in quell’anno, quando, colpita nel fisico da una dolorosa doppia ernia del disco e nello spirito da altre sofferenze, venne ad approfondire una dimensione nuova del Vangelo. (Da: Vivere. La parola che rinnova, Città Nuova, 2008) Un giorno mi ha parlato al cuore Gesù e mi ha illuminata in maniera lampante sulle sue parole: Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi. Aveva dunque fatto appello anche lui all’onnipotenza del Padre per essere sollevato dalla croce della passione? Ma Gesù non era Dio e quindi uno con la volontà del Padre? Non si legge nella Lettera agli Ebrei a proposito del sacrificio di Gesù: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà? Sì, ma di fronte a ciò che lo attendeva la sua volontà di Uomo- Dio è emersa in tutta la sua forza. Si è aggrappato al fatto che al Padre tutto era possibile, però alla fine si è sottomesso alla volontà del Padre suo. Queste parole mi hanno dato pace. Anzi mi hanno aperto un varco grande per la comprensione di una parte del Vangelo che non avevamo ancora sufficientemente sottolineato. A dir vero, Gesù abbandonato non era mai mancato nella nostra vita spirituale, ma Dio, per attirarci a sé, penso, aveva puntato la nostra anima in un primo tempo – e così fa con tutti quelli che cominciano a vivere il nostro ideale – sull’amore, sulle sue promesse che vediamo attuarsi, sulla certezza di ottenere chiedendo, perché continuamente ne abbiamo la verifica, sulla fede che sposta le montagne. Adesso mi andavo accorgendo che esisteva nel Vangelo qualcosa di diverso. E ad una ad una mi balzavano alla mente altre parole simili a quelle: Ora l’anima mia è turbata…; Cominciò a sentire paura e angoscia; e disse loro: La mia anima è triste, fino alla morte ; Beati gli afflitti perché saranno consolati; Beati voi che ora piangete, perché riderete; Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa. Alla morte di Lazzaro Gesù scoppiò in pianto. (…) Esisteva dunque un aspetto crudo del Vangelo che anche noi come cristiani dovevamo vivere? Non erano solo case o luoghi o città come Loppiano, dove la gioia splende su ogni volto, la testimonianza del Vangelo? Potevano esserci persone nel turbamento, nell’angoscia, nel pianto, che testimoniavano la Buona Novella? Avremmo forse un giorno dovuto chiedere ripetutamente e a lungo senza ottenere mai? Sì, era così. (…) In fondo Gesù ce lo aveva sempre detto: Se qualcuno vuol venire dietro a me… prenda la sua croce, il massimo abominio di cui essa è emblema. Gesù ce lo aveva sempre detto, ma noi non lo avevamo ancora abbastanza capito. Questa era l’ora. L’ora di comprendere la verità più ovvia che Cristo ha portato sulla terra: che il suo regno non è di questo mondo, che dobbiamo salire a godere con lui il regno eterno mediante le sofferenze sopportate bene qui in terra, che di qua nulla ha valore se non ciò che si fa per l’altra vita, che anche una cosa splendida come un’opera di Dio non è Dio e quindi dobbiamo staccarcene ed abbandonarla a lui, se questa è sua volontà. E allora coraggio! Non dimezziamo il Vangelo. Il crudo (crudo alla nostra natura) del Vangelo non ci freni, ma ci lanci nella fiducia che Dio non ci lascerà mancare la grazia nemmeno nei momenti più tragici. Certo, questa quasi rivelazione del dolore previsto dal Vangelo così, porterà nel nostro cuore più serietà, meno entusiasmo anche per le cose belle, ideali di quaggiù, ma non impedirà che si realizzi la promessa di Gesù: Abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia. Forse questa pienezza noi non l’abbiamo ancora sperimentata. Il Vangelo è un abisso.

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