Il costo della sicurezza
¦ Sono i costi più alti: quelli per la sicurezza in un mondo dove sempre più numerose sono le crisi nelle differenti aree geopolitiche, con conflitti che combattuti in modo sempre più acceso non sembrano avere fine. I soli effetti sono la perdita di vite umane, gli spostamenti forzati di popolazione, l’aggravarsi di condizioni di indigenza che poi diventano difficili o impossibili da estirpare. Ricorrente in questo quadro è il termine sicurezza: la invoca chi attacca e chi si difende, eserciti regolari e formazioni combattenti, senza timore di essere smentiti da comportamenti realmente orientati a creare condizioni di sicurezza. In Asia lo scontro tra Corea del Nord e resto del mondo mostra un Paese che fa della corsa ad armi sofisticate un obiettivo di sicurezza, dimenticando, ad esempio, come quelle spese potrebbero garantire la sicurezza alimentare della popolazione, notoriamente in crisi. Poi il caso dell’India e del Pakistan, dove a fronte di conflitti interni ed esterni, in cui si accavallano tensioni etiche ed attività terroristiche, l’unico strumento di sicurezza è la deterrenza, anche nucleare. In Africa gruppi di combattenti e diversi Paesi motivano i focolai di guerra con la sicurezza, fino a determinare un perenne stato di guerra come quello che attraversa l’area dell’Africa centrale da est ad ovest. Costi enormi per una sicurezza che sempre più assomiglia alla difesa di interessi particolari, di posizioni territoriali. Mentre i livelli di povertà sono in crescita. Nelle Americhe, altri costi: la sicurezza è posta a proteggere i confini per dare sostegno alla stabilità, mentre sembra allontanarsi dai mercati o dell’impatto commerciale che vede distanti i grandi Paesi dal resto del continente. E sul medio e lungo periodo, in una realtà che l’economia rende fluida, questo approccio sembra poco sicuro. In Medio Oriente a cercare sicurezza sono le armi delle azioni terroristiche, delle rappresaglie, della forza bellica. Enormi costi per difendersi, ma con obiettivi? Sembra solo di scorgere vendetta, eliminazione dell’altro, difesa di posizioni acquisite, rifiuto delle regole o rivendicazioni che non concedono uno spazio negoziale. Ed ecco che la sicurezza rimane distante, senza possibilità di essere raggiunta, ma confusa con i costi dei colpi di mortaio, raid aerei, attentati terroristici. Su tutto incombe un mancato orientamento su cosa sia la sicurezza. Ed ecco che nonostante l’impegno su due tipi di sicurezza, quella energetica e quella terroristica, le decisioni del G8 di San Pietroburgo considerano naturali gli scontri in atto. Come pure ininfluenti appaiono le richieste dell’Onu a Paesi che minacciano la coesistenza pacifica, visto che la sua stessa riforma, sui contenuti della sicurezza, si è bloccata. Costerà ancora molto questa sicurezza? Forse, visto che l’aumento a dismisura di vittime, le distruzioni, le perdite per i processi di sviluppo non ci spaventano più Il pericolo è di confondere la sicurezza con quell’insidiosa abitudine all’impotenza se non addirittura all’indifferenza nella nostra lettura dei fatti internazionali.