Il Coraggio di un nuovo umanesimo
Ci vuole coraggio per parlare di dialogo. Mai come adesso ci vuole un gran coraggio. Il terrore è entrato nel luogo più indifeso delle nostre città. Una scuola. Ed ha colpito ciò che di più caro abbiamo. I nostri figli. Le abbiamo viste tutti le immagini di Beslan, ed abbiamo pianto. Si è aperto con la morte nel cuore il 18° incontro internazionale Uomini e religioni, il maggiore appuntamento annuale tra i leader delle grandi religioni mondiali promosso, quest’anno a Milano, dalla Comunità di Sant’Egidio. La manifestazione si è aperta con il racconto del vescovo ortodosso Teofan appena arrivato da Beslan. Le sue parole portano il gelo in una sala strapiena di gente. Il popolo osseto è qui. Con le mia braccia ho portato i corpi dei bambini morti, con le mie mani ho chiuso gli occhi ai cadaveri delle persone fucilate mentre cercavano di fuggire. Dolore e impotenza si sciolgono in una domanda: Per che cosa si combatte in questo modo?. Si capisce subito che quest’anno il meeting di Sant’Egidio sarebbe stato diverso. Di fronte a tanta violenza, ogni resistenza è destinata a cadere. L’impresa a costruire la pace non è più un optional ma una necessità in un momento in cui l’attualità non sembra promettere che odio e sangue innocente. Si avvertiva nei corridoi e dietro le quinte di Milano il peso di questa responsabilità e la consapevolezza che tutto ciò richiede agli uomini di tutte le religioni e culture – come si legge nel titolo della manifestazione – il coraggio di un nuovo umanesimo. Per tre giorni si è parlato di Medio Oriente, di guerra e di terrorismo. Di come non morire di Aids, di fame e di sete in Africa, di come lavorare insieme per dare un futuro migliore ai bambini. Erano in tanti a parlare: rappresentanti autorevoli del mondo religioso ma anche uomini di scienza e di cultura. E quando il mondo si incontra, dall’umanità esce il meglio di sé, una saggezza che viaggia lontano. L’idea fu di Giovanni Paolo II che nel 1986 convocò per la prima volta ad Assisi nel nome della pace tutti i più importanti leader religiosi. Nello spirito di Assisi, le religioni sono tornate a far sentire la loro voce per dire – con le parole del papa – che la guerra spalanca le porte all’abisso del male e che sempre la pace è possibile. Marco Impagliazzo è il presidente della Comunità di Sant’Egidio. Quale messaggio viene quest’anno da Milano? Per 18 anni di incontri nello spirito di Assisi, si è sottolineato una volta di più l’importanza e la decisività del dialogo tra le religioni, per costruire un mondo nuovo e per dire che il dialogo è una necessità assoluta in questi tempi in cui tanti predicono lo scontro di civiltà e di culture. In che cosa si è caratterizzato quest’anno l’incontro? Si è caratterizzato per una grande sincerità tra uomini di religioni e culture diverse e soprattutto per il fatto che ci si è confrontati con schiettezza su tanti scenari della vita del mondo. Ogni religione, scendendo nel profondo della propria identità, ha trovato motivi di stima e di amore per l’altro. L’incontro si è aperto con la tragedia di Beslan e si è chiuso con il sequestro delle due giovani operatrici di pace in Iraq. Quanto ha pesato sull’incontro questa responsabilità? Effettivamente l’incontro di Milano per molti di noi e per molti leader religiosi è stato anche un momento di conversione, nel senso che ci ha chiesto di fuggire dalle logiche della paura per entrare in una logica nuova, che è appunto quella del coraggio di un nuovo umanesimo. Nuovo umanesimo verso le persone che soffrono, verso chi muore di fame, di sete, verso i malati di Aids. Nuovo umanesimo verso i feriti della vita, le vittime del terrorismo e delle guerre. E soprattutto nuovo umanesimo per immaginare una società della convivenza, della coabitazione tra popoli che ormai vivono insieme nel mondo della nuova globalizzazione. Chi è l’uomo nuovo? L’uomo nuovo di oggi è rappresentato dall’uomo che emigra, che lascia la propria terra e che con il fardello della propria cultura e religione incontra uomini di altre civiltà. L’uomo della globalizzazione è l’uomo che esce dalle proprie frontiere e incontra altri uomini e donne che fanno parte di altri mondi. Il coraggio di un nuovo umanesimo è il coraggio di immaginare una società della coesistenza e della coabitazione tra uomini e donne diversi. Cosa le è rimasto dell’incontro? Mi ha colpito che nonostante tanti messaggi negativi e pessimisti sul futuro del mondo ci sia una vera volontà di dialogo quando ci si incontra con le proprie scritture sante. Ci sono stati incontri molto belli, anche tra israeliani e palestinesi, tra iracheni, a diversi livelli e su diversi scenari del mondo. Dietro le quinte che aria si respirava? Un’aria di sorpresa da una parte e di curiosità dall’altra, ma anche una profonda collaborazione, la voglia cioè di prendere insieme in mano il coraggio di un nuovo umanesimo .