Il coraggio del dialogo con Ferlin

A piazza del Campidoglio si conclude l'incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di sant'Egidio. Mentre vescovi cattolici ed evangelici pregano a fianco di sik e buddisti anche un incontro sul marciapiede fa sperimentare la ricchezza della fraternità oltre le fedi
Cerimonia finale della preghiera di sant'Egidio

Ferlin Emmanuel Manfouo aspetta con me, attaccato alla transenna, davanti a un palco gremito di sedie. Siamo in piazza del Campidoglio a Roma, frementi nell’attesa di assistere all’evento conclusivo dell’incontro internazionale per la pace “Il coraggio della speranza”, organizzato dalla comunità di Sant’Egidio dal 29 settembre al primo ottobre 2013. Ferlin è camerunense ed è venuto in Italia per completare la sua formazione di ingegnere. Ora studia al quinto anno al Politecnico di Torino. Gli chiedo della sua famiglia in Camerun. «Siamo dieci fratelli -mi dice- e mia madre è cattolica. Ci ha sempre lasciati liberi di ricercare la nostra via. E ognuno ha trovato la sua: una delle mie sorelle è testimone di Geova, uno dei miei fratelli musulmano, altri non credono, io sono cattolico. Passavamo tante notti a parlare di Dio e ognuno imparava dall’altro».

Sono le cinque del pomeriggio, intorno a noi cominciano le cerimonie religiose. Ogni religione si è ritirata in un luogo diverso e prega per la pace. In diretta da Santa Maria in Aracoeli viene trasmessa sul maxischermo la messa ecumenica dei cristiani. «Alla fine delle nostre discussioni -aggiunge Ferlin – capivamo che eravamo tutti uguali, tutti alla ricerca di qualcosa e cercavamo di scoprirla dialogando insieme». Ci giriamo un attimo e vediamo dal teleschermo avvicinarsi al pulpito un cardinale con un barba bianchissima. È Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Caritas del Pakistan. Invoca gli ascoltatori affinché tutti gridino di voler «imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace».

Parlano anche Teodoro II, patriarca di Alessandria, e Gerhard Ulrich, vescovo evangelico e presidente della VELKD, la Chiesa evangelica luterana tedesca. «Quando sono arrivato in Italia ho avuto difficoltà ad essere accettato fino a che non sono entrato nella Comunità di Sant’Egidio di Torino- continua Ferlin-. Quello è un ambiente predisposto al dialogo e all’accoglienza, l’università spesso non è così. In Italia sono molti che pensano che noi immigrati veniamo a rubare il lavoro anche se magari non hanno mai studiato e non possono fare quello che farò io. Nonostante ciò bisogna parlare con loro, dialogare e ascoltare».

La messa finisce e ci prepariamo ad accogliere in piazza del Campidoglio tutti i rappresentati delle religioni che in processione si avviano verso il palco. Vedo tantissimi colori e copricapi così diversi che danno all’atmosfera un qualcosa di surreale. Si nota il porpora dei cardinali, il bianco del rappresentante dei sikh col turbante, l’arancio, il nero e il marrone dei monaci buddhisti, ancora il viola dei paramenti dei vescovi. Sono ormai le sette quando comincia a parlare il sindaco di Roma Marino. Poi, a sorpresa, viene annunciato Domenico Quirico. Parla del suo sequestro in Siria e della banalità del bene che ha trovato in un soldato che disobbedendo agli ordini gli passò un cellulare per parlare con la sua famiglia.

Di seguito parla Alganesh Fessah, attivista che cerca di ostacolare la tratta di esseri umani nel deserto del Sinai e infine Andrea Riccardi. «Dobbiamo essere artigiani di pace -afferma citando papa Francesco -. E costituire un grande movimento di pace, una Rivolta dello Spirito». Infine l’appello per la pace, breve, forte: «Utilizzare il nome di Dio per uccidersi è blasfemo […]. Niente è impossibile se noi pratichiamo il dialogo […]». L’appello viene simbolicamente consegnato alle nuove generazioni dai capi religiosi sotto le note di una commovente Forrest Gump Suite. I bambini lo portano agli ambasciatori: “Dateci un mondo migliore” sembrano chiedere. Sono quasi le otto e la serata volge al termine. L’arrivederci all’anno prossimo, in Belgio, è seguito da un gesto di pace. Tutti sorridono, c’è che si commuove. Io saluto Ferlin, ci abbracciamo affettuosamente, è il mio esempio di pace.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons