Il contadino e il ministro
«Lunedi 22 ottobre 2012. Ad un'ora insolita, le 14, il vescovo di Taranto ha convocato la Consulta diocesana insieme ai membri dalla pastorale sanitaria e ai volontari cattolici del mondo sanitario nel salone parrocchiale della chiesa di San Francesco De Geronimo, nel quartiere Tamburi, a ridosso dell'Ilva, per incontrare il ministro della Salute Balduzzi, venuto a illustrare il drammatico resoconto dell'indagine epidemiologica da lui stesso ordinata, che ha interessato la città e i dintorni.
«Strano uditorio, fatto di persone abituate a rimboccarsi le maniche e spendere la propria vita affianco ai malati e al loro dolore. Gente silenziosa non avvezza a gridare nelle piazze e a manifestare, ma ad ascoltare il grido della sofferenza e ad alleviarla quando questo è possibile. Le parole rivolte al ministro sono state parole di testimonianze a volte drammatiche. Le poche timide richieste sono state quelle di una maggiore attenzione della Sanità al territorio, ancora di più ora che i dati ufficiali dell'indagine ministeriale letti alla cittadinanza assomigliano a un bollettino di guerra vigliacca e subdola, mai dichiarata e per questo più pericolosa e devastante.
«Anche Mimino Abatemattei, seduto in prima fila, ha voluto rivolgersi al ministro. Con un italiano forse poco corretto ma assai efficace, ha voluto testimoniare, come contadino, un risvolto del dramma tarantino molto trascurato, quasi dimenticato dall'opinione pubblica: la morte dell'agricoltura.
«Ha invitato il ministro a vedere con i suoi occhi cosa ne è delle belle terre del Primitivo Tarantino. Il dramma dell'abbandono degli agricoltori delle proprie terre "abbagliati dal cielo rosso infuocato della grande industria". Bravo Mimino! Dovremmo attingere di più alla tua saggezza che ha il sapore dimenticato della nostra terra. E intanto, silenziosamente, quasi senza che nessuno se ne accorga, avanza il nuovo latifondismo: un solo proprietario, ai confini tra Taranto e Brindisi, ha comprato più di 400 ettari di terra con relative masserie, impiantato nuovi vigneti e cantine. Abbiamo dimenticato la lotta al vecchio latifondismo e le conquiste dei nostri padri.
«L'Ilva ha ucciso anche la nostra capacità di pensare alla diversificazione, ha addormentato le nostre coscienze. Occorre svegliarsi, rimboccarsi le maniche e prendere in mano il nostro destino».