Il conflitto tra Russia e Ucraina e il caso delle pesche italiane
Sono tremila le imprese agricole del Piemonte che producono frutta e che quest’anno danno lavoro a 4 mila stagionali per le operazioni di raccolta. Nella sola provincia di Cuneo si superano i 31 mila ettari coltivati a frutta: il 75 per cento del patrimonio piemontese, e 3,5 milioni sono i quintali di prodotto: più di 1 milione di quintali di mele, circa 800mila quintali di actinidia, le due varietà tra pesche e nettarine insieme superano 1 milione di quintali e si arriva a quasi 400mila quintali tra albicocche, susine e pere.
Zona predominante della produzione è quella che corre dal confine con la provincia di Torino fino a Cuneo e che ha il suo centro a Lagnasco e Saluzzo. Il comparto si caratterizza per la varietà delle coltivazioni, la quantità e la qualità delle produzioni e la forte vocazione all'export. Le coltivazioni vengono effettuate da agricoltori altamente professionali in impianti specializzati, con le tecniche della lotta integrata, e commercializzate non solo localmente, ma in Italia e nel mondo.
Qui da decenni arrivano migliaia di studenti, disoccupati, extracomunitari a prestare la propria manodopera per la raccolta. Qui si è abbattuta la recente scure dell’embargo con la Russia. Dopo la chiusura delle frontiere russe, infatti, sono rientrati nei magazzini del saluzzese, dove avevano caricato le pesche, oltre 60 camion frigo, che non potendo entrare nei paesi dell’Est hanno riportato “a casa” circa 12 mila quintali di pesche. Una grave emergenza per un settore già in crisi, dicono alla Coldiretti di Cuneo.
I paesi dell’Est rappresentano un mercato in crescita. La chiusura delle frontiere quale ritorsione della Russia nei confronti dell’Europa per i problemi con l’Ucraina rappresenta una penalizzazione che incide direttamente sulla provincia di Cuneo. La lista di prodotti agricoli che la Russia “rifiuta”, provenienti da Ue, Usa, Norvegia, Australia e Canada, oltre alle pesche comprende anche carne di manzo e di maiale, di pollo, frutti di mare, latte e latticini, frutta e verdura.
Il mercato delle pesche è fortemente in crisi, i prezzi di vendita del prodotto sono inadeguati: normalmente le pesche sono pagate al produttore dai 10 ai 15 centesimi al chilo, ma questo non è sufficiente a pagare la manodopera per la raccolta, senza contare i trattamenti che vengono effettuati durante tutto l’anno alle piante da frutta. È, senza ombra di dubbio, un comparto che va tutelato, dice Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Piemonte: «Dopo questa pessima notizia, la Commissione europea non può più tergiversare su un ritiro straordinario, così come richiesto nelle scorse settimane dalla nostra organizzazione». E, alle sollecitazioni per un intervento di sostegno alla produzione e di tutela del prodotto, attuato da Italia, Francia, Spagna e Grecia alla Commissione europea, la stessa ha risposto predisponendo un piano di misure di sostegno e un impegno economico che si aggira sui 30 milioni di euro.