Il confine uomo

Il confine uomo
Quand’ero ragazzino, a volte mi voltavo d’improvviso per scoprire se il mondo dietro di me esisteva anche quando non lo guardavo. Un innocuo gioco da bambini che anche Einstein faceva, però da grande, interrogandosi sulla consistenza della luna mentre nessuno la osserva. Il motivo di questa strana domanda ha a che fare con le scoperte fatte nel secolo scorso sul mondo dell’infinitamente piccolo. Se addento una mela, sono sicuro che la sentirò solida e succosa. Se alzo lo sguardo verso il cielo notturno, sono sicuro di vedere le stelle e, di tanto in tanto, anche le tracce luminose dei satelliti in orbita intorno alla terra; satelliti le cui traiettorie e velocità sono calcolate e previste con estrema precisione. Fin dai tempi di Galilei e Newton abbiamo imparato infatti che le stesse leggi regolano il movimento dei corpi sulla terra e tra le stelle più lontane nello spazio. È un mondo, quello macroscopico, che comprendiamo molto bene; ci viviamo dentro, lo manipoliamo, ci sembra normale nelle sue caratteristiche. Le scienze fisiche hanno definito molte delle sue leggi, in una grande sfida intellettuale durata secoli e che continua tuttora. Tra queste caratteristiche, due sono evidenti per tutti: la prima è che per esempio ogni sasso è diverso dall’altro, ognuno con il suo peso, grandezza, consistenza, indipendentemente dal fatto che io lo osservi. La seconda è che ogni oggetto è indipendente dagli altri, per cui se tra due sassi vicini ne raccolgo uno e lo porto via, il fatto che più tardi lo lanci in un laghetto lontano non ha alcun effetto sul sasso rimasto per terra. Senza queste due proprietà il nostro mondo diventerebbe un assurdo, e ci prenderebbero per matti se sostenessimo che funziona così. Bene, gli scienziati che studiano il mondo microscopico (detto quantistico) sono costretti a pensare come i matti, perché il mondo delle particelle elementari non rispetta queste due condizioni. Le singole particelle sembrano infatti non avere una propria identità precisa, sono tutte uguali, anonime, sfuggenti, concentrazioni dinamiche di forza ed energia, almeno finché l’uomo non le costringe, osservandole, ad assumere consistenza, nome, cognome e caratteristiche. Uno strano mondo, con leggi buffe anche se molto precise, ma solo a livello di probabilità. Se infatti considero un fascio di mille elettroni, posso prevedere con esattezza quanti ne arriveranno in un punto e quanti in un altro, ma ho difficoltà a dire dove andrà a finire la singola particella, è come se sparisse alla mia vista perché non posso conoscere simultaneamente la sua velocità e posizione. E non perché non sono abbastanza bravo a compiere le osservazioni, ma perché è impossibile saperlo per principio. L’altra caratteristica tipica è che le particelle sembrano rimanere unite, come destino, anche a distanza: se infatti osservo uno di due fotoni generati insieme da una stessa sorgente, riesco ad influenzare anche l’altro che magari è già a dieci chilometri di distanza. Com’è possibile? Esiste qualche strana azione a distanza? Prendere o lasciare, a livello microscopico le cose funzionano così e comunque stiamo imparando a sfruttare anche questo mondo (vedi box). Naturalmente ci si è chiesti se questo strano comportamento valga anche per oggetti più grossi; da qui la famosa storiella su Einstein che si chiedeva se la luna esiste solo quando la osservo. Finora si è riusciti a rilevare questi comportamenti solo con oggetti molto piccoli, per cui possiamo continuare ad addentare tranquillamente la nostra mela; tra un morso e l’altro non sparirà. Le conoscenze attuali sembrano insomma descrivere due mondi paralleli e separati, che vivono ognuno con le proprie leggi. Molte ricerche attualmente in corso cercano proprio di capire come, quando e perché avviene il passaggio dalle regole del mondo microscopico a quelle del mondo macroscopico e viceversa. Sono come due grandi grattacieli di conoscenza che comunicano, per ora, solo attraverso un’esile passerella, l’uomo. Sembra infatti, per assurdo, che solo quando l’uomo decide, attraverso gli occhi o uno strumento, di osservare un oggetto piccolissimo questo è costretto (o invitato) ad assumere una realtà precisa, con le caratteristiche che lo distinguono, mentre prima era solo vaga possibilità. Si può considerare il tutto anche dal punto di vista dell’informazione, nel senso che più una particella è piccola, meno dati su sé stessa riesce a portare e quindi a fornire all’osservatore. Il risultato è che comunque l’uomo, spodestato dalle scienze fisiche dalla sua posizione di centro del cosmo per essere relegato in un insignificante pianeta di una remota galassia dell’universo, semplice animale tra gli animali, sembra qui aver ritrovato una fondamentale e unica importanza. Per le scienze, abituate ad un mondo rigorosamente oggettivo, questa possibilità è talmente fastidiosa e inaccettabile che sono in corso molti ingegnosi tentativi per spiegare in altro modo il passaggio dall’indeterminazione del piccolo alla concretezza del grande, senza bisogno dell’intervento dell’uomo. Vedremo. Comunque vada a finire, rimane vero che siamo gli unici in natura a saper comprendere e indagare i due livelli, macro e micro. Anzi, per la verità viviamo sul bordo anche di un terzo confine, quello tra mondo materiale e mondo spirituale. Come scriveva Florenskij, infatti, la natura ha le sue leggi precise, ma anche il muro più spesso ha crepe sottilissime attraverso le quali si infiltra il mistero. Ma questa, ovviamente, è un’altra storia. NANOTUBI E ALTRE MERAVIGLIE Immaginiamo un tubo molto piccolo, invisibile all’occhio nudo, talmente piccolo che per costruirlo bisogna mettere in fila un atomo alla volta, ma resistente alla trazione più dell’acciaio. Sono i nanotubi, usati per migliorare le prestazioni di racchette da tennis, telai di bicicletta e mazze da golf. Indispensabili nel campo della robotica, per i muscoli artificiali o nelle nuove batterie. È la rivoluzione della nanotecnologia, l’arte di manipolare la materia su scala atomica. Aggiungendo uno alla volta i vari atomi necessari, come fanno i bambini con i mattoncini del Lego, si costruiscono minuscole particelle con le proprietà desiderate e si utilizzano poi nelle marmitte catalitiche, nelle creme solari, per decontaminare terreni inquinati o come componenti di medicinali. La fantasia fa il resto: si parla già di nano-medicina con particelle che potrebbero portare alcuni farmaci incapsulati al loro interno fino agli organi malati. O nano-macchine, dotate di microscopiche pinzette, che potrebbero scorrazzare nelle nostre vene e arterie per ripulirle dalle ostruzioni. Il vero sogno nel cassetto dei ricercatori che lavorano in questo campo è imitare la natura costruendo nano-macchine capaci, come le cellule, di ripararsi e soprattutto duplicarsi da sole. Essendo però le leggi di questo mondo così particolari, non si potrà semplicemente ridurre le dimensioni delle macchine più grandi, ma si dovrà inventare una nuova tecnologia, nuove fonti di energia, nuovi materiali e così via. Le prospettive sembrano magnifiche, ma non mancano le ombre. Essendo così piccole, queste particelle se inalate o ingerite, potrebbero creare malattie e tumori completamente nuovi e difficili da individuare. A parte i possibili usi in guerra, pensiamo alle mini zanzare robot, ci sono anche problemi fisici fondamentali da risolvere, come il fatto che gli atomi non stanno fermi e buoni, ma tendono a reagire in modo non previsto. E la fantascienza non finisce mai di proporci scenari apocalittici in cui le macchine si ribellano al volere degli umani e li combattono. Insomma, come per tutte le attività umane e le novità tecnologiche, bisognerà tenere gli occhi aperti ed essere sempre bene informati per valutare in anticipo rischi e benefici, sapendo che il rischio zero non esiste. Ma anche che la storia insegna che l’uomo, nella sua curiosità e ingegnosità, non si è mai fermato di fronte a ostacoli e pericoli reali o immaginari.
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