Il concerto delle dame
È successo al Teatro Argentina a Roma, giovedì 12 aprile, nell’ambito della stagione dell’Accademia filarmonica romana. I versi di poeti ferraresi come Guarini e soprattutto Torquato Tasso – oltre ad anonimi –, con la loro freschezza, intonati alle pene d’amore, sono stati rivestiti di una musica leggiadra, come certi dipinti del Veronese.
Cantano, le dame, «la primavera, gioventù dell’anno», la «tirannia» di Amore, il supplizio del sentimento («Cor mio deh non piangete…»), la gioa della giovinezza («I’ mi son giovinetta…») e sono canti a due, tre voci, sulle musiche di Luzzasco Luzzaschi, di Frescobaldi, di Bartolomeo de Selma. È un canto di una lucentezza rara, dove i melismi, i virtuosismi mai fini a sé stessi, si intrecciano con l’accompagnamento dell’arpa, della viola da gamba e del clavicembalo.
Nessuna nota fuori posto, una misura espressiva, e voci belle, luminose (Lucia Napoli, Loredana Bigi, Damiana Pinti), che quando cantano “a tre” trasformano la nativa polifonia in un vero concerto, cioè una gara di suoni pieni di vita, dove gli strumenti danno spazio alla voce.
Come è bella la musica di quest’epoca, e quanto moderna: arriva subito ed emoziona. Un mondo da riscoprire per il grande pubblico. Concertava Francesco Cera con sicura discrezione.