Il Comune di Milano partecipa alla chiusura del Ramadan

È la prima volta per gli amministratori di Palazzo Marino, che hanno iniziato una collaborazione per individuare dei luoghi di culto da destinare ai musulmani presenti in città
Milano Ramadan

Per la prima volta il Comune di Milano parteciperà alla cerimonia di chiusura del Ramadan, il 30 agosto. La notizia è stata accolta molto positivamente dalla comunità islamica, come segno della “normalizzazione” dei rapporti. Secondo Abdel Hamid Shaari, presidente della comunità islamica di viale Jenner, gli assessori saranno i benvenuti, anche se per il presidente dell’Ucoii (Unione Comunità Islamiche in Italia) si tratta semplicemente di un «adempimento costituzionale», visto che secondo la nostra Carta fondamentale i cittadini sono uguali davanti allo Stato ed è quindi normale che la giunta possa partecipare a una cerimonia musulmana, cristiana o ebraica.

 

Intanto l’amministrazione guidata da Pisapia si è data un anno di tempo per risolvere il problema dei luoghi di preghiera, mediante la costruzione di piccoli spazi di culto nei quartieri della città, per poi in futuro pensare a un’eventuale grande moschea: sono queste le indicazioni uscite dal primo incontro tra l’amministrazione comunale e i rappresentanti delle comunità islamiche milanesi. «L’impegno della Giunta è quello di creare luoghi di culto nei quartieri della città per uscire dalla modalità delle soluzioni tampone che non sono degne di una città come Milano», ha spiegato l’assessore al Benessere Chiara Bisconti, che ha partecipato al tavolo insieme al vicesindaco Maria Grazia Guida e al collega alla Sicurezza Marco Granelli. «Il grande luogo di culto rimane comunque una priorità e c’è anche l’impegno affinché questo sia l’ultimo Ramadan affrontato in emergenza con i credenti riuniti sotto il tendone del Teatro Ciak», ha poi aggiunto la Bisconti.

 

Parole confermate anche dal direttore del centro islamico di viale Jenner Abdel Hamid Shaari, che ha sottolineato «l’urgenza di trovare dei luoghi di preghiera nei quartieri per i diversi centri culturali e soltanto dopo, con calma, affrontare il tema di una grande moschea». Un percorso che vedrà protagonisti i quartieri milanesi «che coinvolgeremo», ha assicurato il vicesindaco, sottolineando però il bisogno di «uscire dall’impostazione radicale da scontro semplificato su “moschea sì- moschea no”», perché «gli spazi di religiosità aumentano la coesione e la vivibilità». Un percorso che considererà inoltre le questioni legate alla sicurezza «che affronteremo insieme, nell’ottica del dialogo», ha aggiunto Granelli.

 

Nel confronto – che continuerà a settembre – tra amministrazione comunale e comunità islamiche sono stati affrontati anche temi quali le famiglie, i giovani, le donne e le difficoltà sociali; ma è stata in particolare la questione dei luoghi di culto e della formazione degli imam a tenere banco. Si dovrà ora procedere alla mappatura della città per individuare gli spazi idonei ai centri culturali e di preghiera. «È stato un primo incontro, un momento utile e bello di dialogo e confronto», ha tirato le somme il vicesindaco Maria Grazia Guida. «Un successo che aspettavamo da vent’anni – ha affermato Abdel Hamid Shaari –: oggi abbiamo avuto la piena cittadinanza». Riguardo ai piccoli luoghi di culto ha precisato: «Sistemiamo prima i centri culturali che già esistono, con spazi di preghiera adatti. Insomma, prima pensiamo alle tante parrocchie nei quartieri, poi al Duomo».

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