Il compleanno di Strauss con Don Quixote
Immaginarsi un violoncellista forbito, preciso ed equilibrato – ma non meno sentimentale ed accorto – come Gabriele Geminiani e un direttore energico, pimpante come George Pehlivanian, insieme nel Don Quixote di Richard Strauss, di cui si celebrano i 150 anni dalla nascita all’Accademia romana di Santa Cecilia.
È tumulto, gioia, vanità, leggerezza nei tredici brani che commentano e ripercorrono sonoramente le avventure di don Chisciotte e di Sancho Panza, ovvero del violoncello e della viola (un bravissimo, perfetto, musicale Raffaele Mallozzi).
Strauss immenso orchestratore, fantasioso ed elegante, talora drammatico, talaltra lieve come un quartetto sta a cavallo tra Romanticismo e Novecento con sagacia, libertà e fa “vedere” il poema di Cérvantes con gli occhi della musica.
Inutile dire che solisti e direttore si combaciano perfettamente in una forte unità d’intenti. Insomma, sembra di esser dentro l’orchestra che viaggia all’interno di un lunghissimo ed esaltante film.
Respiriamo un po’, prima con Webern e la sua bella Fuga a sei voci per orchestra e poi con l’incantevole, primaverile Prima Sinfonia di Schumann, leggiadro volo romantico dentro una natura sempre vergine dove il direttore “si sfoga” nel lirismo degli archi e nella flessuosità dei fiati. Una poetica interpretazione.