Il Colosseo va a pezzi
Il gigante di pietra non ce la fa più. La cura si impone, ma non basta il restauro, occorrono soluzioni che tutelino i fori imperiali con qualche sacrificio anche di noi cittadini
Lo vediamo ogni giorno. E’ un gigante di travertino, sporco, nero, assediato da tre milioni di turisti ogni anno. Intorno, corrono autobus, taxi. Vengono da Piazza Venezia e vanno verso la via Labicana: giorno e notte. Ogni tanto, poi, i concertoni emettono onde sonore a migliaia di decibel.
Il gigante di pietra non ce la fa più. Così qualche giorno fa, cinquanta centimetri di malta romana, vecchia di duemila anni, sono caduti, proprio accanto ai resti di una bellissima statua equestre appena ritrovata.
E’ scattato l’allarme. Tardivo, come sempre, in un comune, quello di Roma, che sembra indifferente alla conservazione dei beni culturali della città “più bella del mondo” e si perde in conflitti di competenza fra Provincia, Regione, Soprintendenze. Talora l’ignoranza di chi ha le responsabilità fa paura. E intanto il gigante muore. Non è retorica. C’è una parte, una fiancata sinistra, percorsa da una crepa gigantesca dall’alto in basso che sta scivolando ogni giorno di più, lo smog polverizza i marmi che si sciolgono sotto le volte o le colonne. Insomma, dopo aver resistito ai barbari, ai predatori, ad esser usato come cava di pietra per palazzi e basiliche, oggi il Colosseo muore per colpa della nostra “civiltà” che preferisce il chiasso e la fretta e non si cura quasi per nulla di ciò che è storia.
La cura si impone, presto e bene. Inutile farsi illusioni. Non basta un restauro che pulisca i travertini. Dopo due mesi, il Colosseo tornerà nero come prima. Ci vuole l’isola pedonale, Fori Imperiali compresi. Roma non è una città come le altre. E’ da ripensare la circolazione in superficie, la protezione di tutti gli edifici storici. Se all’estero, anche le città più piccole ormai hanno l’isola pedonale accanto anche a pochi resti storici, perché la Capitale trascura il Palatino, gli acquedotti, le chiese, un patrimonio unico al mondo, che attira frotte di turisti ogni anno?
Speriamo che l’allarme faccia scattare in chi di dovere, amministratori e cittadini qualunque, una cosa molto semplice: il buon senso.