Il colore, la cera, il fuoco

Leonardo ci provò, Michele c’è riuscito. Nel cuore della vecchia Roma, unendo competenza artigianale e spirito di ricerca, il maestro Paternuosto fa rivivere l’encausto, la più completa e difficile tecnica pittorica dell’antichità
Michele Paternuosto

Via del Cardello è una viuzza tranquilla del rione Monti, a un tiro di sasso dal Colosseo. Al civico 21/b si apre un ambiente insospettato e affascinante, frequentato da studiosi, archeologi e appassionati di pittura antica. È uno studio affollato di dipinti d’ogni forma e grandezza: alle pareti, su cavalletti o semplicemente appoggiati sul pavimento. Alcuni sembrano frammenti di affreschi pompeiani; altri, su tavola, fanno venire in mente certi ritratti ellenistici delle mummie del Fayum che oggi formano l’orgoglio dei più importanti musei del mondo.

 

Due tavoli traboccano di tazzine e coppette piene di colori, di pennelli, cazzuole e spatole d’ogni misura, di contenitori di chissà cosa, insieme ad altri attrezzi misteriosi. È il regno di Michele Paternuosto, artista molisano esperto in restauro, in diverse tecniche pittoriche antiche come la scagliola: un genuino erede degli artisti-artigiani di un tempo, i quali con la stessa applicazione con cui dipingevano la pala d’un altare e il ritratto di un cortigiano, decoravano una cassapanca e un letto matrimoniale.

 

Molti suoi lavori e opere sono presenti in musei, chiese, palazzi patrizi e dimore private sia in Italia che all’estero. Mai pago dei risultati ottenuti e delle sue sperimentazioni, a partire degli anni Settanta si è orientato alla tecnica più famosa e apprezzata nell’antichità, e anche tra le più difficili, nata in Egitto e da lì diffusasi in Grecia e a Roma, decaduta con la fine dell’Impero romano e invano fatta rivivere o divulgata dai pittori del Rinascimento; una tecnica di cui oggi il settantaduenne Paternuosto è considerato tra i rari maestri: l’encausto.

 

Cosa si nasconde dietro questo termine che a molti può suonare astruso? Me lo spiega lui stesso: «Encausto significa: “bruciare in”. Dipingere ad encausto vuol dire dunque: fissare col calore la cera al supporto, che può essere di legno, marmo, intonaco fresco o secco, o altro ancora.  Stemperati nella cera liquida, i colori vengono scaldati in tutti i loro passaggi e sovrapposizioni. Per me la pittura ad encausto è la più bella e completa, ma anche la più sfortunata tecnica pittorica che l’uomo abbia praticato. Pensiamo al tentativo fallito rappresentato, a Palazzo Vecchio in Firenze, dalla leonardesca Battaglia di Anghiari…».

 

Componente principale dell’encausto, oltre alla cera, è il fuoco che serve a scaldare i cauteri, ossia i ferri con cui si applicano i colori anche sull’intonaco fresco ancora bagnato e molle. Il risultato è una pittura di rara bellezza, dai colori brillanti e omogenei e dalla superficie lucida, come testimoniano i molti esempi presenti in questo studio.

 

M’azzardo a sfiorare uno dei ritratti ispirati all’antico: il delicato volto di una giovane dai grandi occhi melanconici. Sotto il dito avverto una superficie liscia, untuosa: la stessa sensazione provata toccando un affresco della Villa dei Misteri a Pompei. Quando glielo dico, l’artista s’illumina: «In effetti la passione per l’encausto mi venne ancora ragazzo, in occasione di una visita a quella dimora pompeiana fatta con mio padre: quando, indicandomi alcune immagini parietali, mi spiegò che erano state realizzate con una tecnica di cui s’era perso il segreto, gli promisi che da adulto avrei tentato di riprodurla io».

 

Da allora Paternuosto s’immerge nello studio della pittura romana e delle fonti classiche (Plinio e Vitruvio ne parlano in riferimento a Prassitele, ad Apelle e ad altri grandi pittori greci del IV secolo a.C.). Con pazienza certosina interpreta le antiche ricette descritte da questi autori. Cerca gli stessi materiali usati dai pittori classici: dal nero avorio o fumo al blu egiziano, dalla cerussa al minio, dall’alizarina al rosso cinabro. Prova e riprova finché non riesce a procurarsi il tipo di cera d’api della giusta densità («Buona quella della Sila e di altri posti intorno al Mediterraneo!»). Io me lo immagino così: intento, come un alchimista d’altri tempi, a mescolare zafferano, melagrana, resina bruzia e altri prodotti naturali fino ad ottenere quei colori che Plinio distingueva in “austeri” e “floridi”.

 

Finalmente, negli anni Ottanta, realizza i primi lavori ad encausto; e nel 1986 organizza la sua prima mostra personale a Roma, in Trastevere. L’ultima, attualmente in corso ad Aquino (Frosinone) fino al 21 novembre, s’intitola Encausto: l’arte della pittura antica nelle mani di un artista contemporaneo. La sede è il Museo della Città ora intitolato a Khaled Al Assad, il direttore del sito archeologico siriano di Palmira barbaramente assassinato lo scorso 18 agosto dagli uomini dell’Isis: un luogo perfetto per l’esposizione, ricco com’è di reperti che partendo dalla preistoria comprendono anche l’età moderna.

 

Ciò che attualmente più sta a cuore a Paternuosto è poter trasmettere ad altri pittori e decoratori il suo patrimonio di conoscenze e sperimentazioni. Il suo timore, infatti, è che il risultato prezioso di una intera esistenza si perda per sempre. Come osservò il grande restauratore e critico d’arte Pico Cellini: «Sarebbe pregiudizievole per l’arte e la cultura in generale se le ricerche condotte da Michele Paternuosto cadessero nell’oblio».

 

«Quando sono stato a New York – racconta Paternuosto – mi hanno offerto la possibilità di insegnare l’encausto in una valida scuola d’arte nel cuore di Manhattan, ma io non me la sono sentita di lasciare il Colosseo e l’Italia; e poi vorrei trasmettere questi miei saperi a ragazzi italiani. Ora sembra che l’istituto tecnico “Leonardo da Vinci” di via Cavour (non lontano dal suo studio – n.d.r.) abbia messo a disposizione due aule per permettermi di insegnare agli studenti questa tecnica, come pure la scagliola, l’affresco lucido e l’affresco classico, compreso l’intonaco di base».

Leonardo da Vinci! Proprio il sommo artista del Rinascimento che provò ad affrescare ad encausto. E spontaneo mi viene un pensiero: dove fallì Leonardo, è riuscito (fortunatamente!) Michele.

Contatti del maestro Paternuosto: www.encausticitalia.com; morenart@libero.it

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