Il codice Da Vinci e altri falsi
Una volta gli editori erano gente che faceva cultura; erano anche (non tutti) imprenditori, che costruivano la loro azienda con passione e intelligenza... Può essere utile rileggere il commento di Antonio Baggio al Codice Da Vinci, in occasione dell'uscita del nuovo libro di Dan Brown.
Una volta gli editori erano gente che faceva cultura; erano anche (non tutti) imprenditori, che costruivano la loro azienda con passione e intelligenza. I fondatori della Mondadori erano editori e imprenditori. La Mondadori di oggi, accanto a libri pregevoli, pubblica anche delle cose, valutabili a peso, come Il codice da Vinci di Dan Brown, scopiazzatura di opere precedenti, i cui autori hanno già querelato per plagio sia l’autore che l’editore americano.
Intendiamoci, il libro di Brown è originale: nella confezione della storia, nella scansione dei tempi e delle sollecitazioni; è un ottimo prodotto industriale, che ha dato enormi profitti. Bravi: se il vostro mestiere è fare soldi, siete bravi. Dal punto di vista della produzione, il libro di Brown è un affare autentico. Da quello delle idee, è un falso. E la Mondadori lo sa; tanto è vero che, ha osservato lo storico Franco Cardini, dopo la prima edizione ha tolto dal libro la pagina delle informazioni storiche, nella quale l’autore spiegava che le descrizioni di documenti e rituali segreti contenute nel Codice da Vinci rispecchiano la realtà.
Quale realtà? Quella già descritta nei libri dei querelanti: Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, autori de Il Santo Graal, uscito in Gran Bretagna nel 1979; e Lewis Perdue, autore nel 1983 di The da Vinci Legacy. Il libro dei tre inglesi venne ispirato da un servizio che Henry Lincoln aveva girato, per conto della Bbc, a Rennesle- Chateau, in Linguadoca. Il paesino, fra il 1885 e il 1917, era stato teatro delle gesta di un prete, Berenger Saunièr, dedito a scavi, in seguito ai quali cominciarono a diffondersi le voci del ritrovamento del più importante dei tesori: il Santo Graal. Secondo la leggenda, resa famosa dalle imprese dei cavalieri della Tavola Rotonda, esso sarebbe la coppa dell’ultima cena di Cristo, nella quale, poi, Giuseppe di Arimatea avrebbe raccolto il sangue uscito dal costato del Redentore.
Ma Saunièr avrebbe rivelato che il Graal, in realtà, sarebbe il simbolo di Maria Maddalena, moglie segreta di Gesù, il quale, nella storia raccontata dal prete francese, sarebbe sfuggito alla crocifissione, e avrebbe dato origine a una stirpe, dalla quale proverrebbero i Merovingi, primi re di Francia. La patacca di Saunièr fu raccolta successivamente, racconta Cardini, da un abile divulgatore, Gérard de Sède, che ne fece un libro nel 1967. Chi volesse ancora querelare Brown, dunque, do- vrebbe mettersi in fila e attendere il proprio turno. Naturalmente, nel passare da un racconto all’altro, la storia si intriga e si infittisce, le fantasie si mescolano con le mezze verità nella composizione di minestroni sempre più improbabili, al cui vertice troneggia, come un cappello sfondato sopra uno spaventapasseri, il best-seller della Mondadori. E che cosa contiene il cappellaccio di Dan Brown?
Pessimo prestigiatore, lo scrittore estrae il logorato coniglio della perfidia cattolica: la chiesa, per tenere nascosta la verità intorno al destino di Gesù e della sua discendenza, perpetra, nel corso della storia, i peggiori crimini; e a commetterli per suo conto, oggi, è, naturalmente, l’Opus Dei, dipinta come un’organizzazione criminale provvista di killer. Provi ad immaginare, il lettore iscritto ad un sindacato, ad un partito, al circolo della caccia, che cosa proverebbe se in un libro come questo si dicesse che l’organizzazione alla quale appartiene commette atti criminali: Brown lo dice dell’Opus Dei con le stesse prove che potrebbe usare contro il coro della parrocchia. La verità su Maria Maddalena viene invece conservata, nel racconto di Brown, da una associazione segreta, il Priorato di Sion: il libro si snoda attorno alla caccia che i cattolici-assassini danno all’eroe che cerca di mettere in salvo l’ultima discendente di Maria Maddalena. Ma, almeno in questo, Dan Brown è originale? Ebbene no: pare abbia copiato anche il Priorato di Sion, società esoterica fondata nel 1972, con atto notarile, da tale Pierre Plantard, sedicente – come è ovvio – discendente dei Merovingi, cioè di Cristo stesso, e fonte preziosa del libro dei tre inglesi.
E ce la mette tutta, il buon Brown, a convincerci che quel che ha scritto, pur attraverso vicende di fantasia, comunica messaggi veri; in apertura del libro ci spiega: il Priorato di Sion è una setta realmente esistente. Nel 1975, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono state scoperte alcune pergamene, note come Les dossiers Secrets, in cui si forniva l’identità di innumerevoli membri del Priorato, compresi Isaac Newton, Botticelli, Victor Hugo e Leonardo da Vinci (p. 9). Brown non dice che i documenti dei dossier parigini sono stati da tempo riconosciuti falsi, e il loro autore smascherato. Il nome del falsario? Il solito Pierre Plantard, che a me è simpatico perché, in un mondo in cui tanti sgomitano per crearsi un futuro, egli si è impegnato, con burocratico e documentaristico fervore, a costruirsi un passato.
Il Codice da Vinci sta arrivando al traguardo dei 20 milioni di copie. E il suo successo ha rimesso in corsa un precedente libro di Brown, Angeli e demoni, ambientato in Vaticano, con un papa che ha un figlio, segreto e assassino, e i cardinali descritti come un branco di pecore; vi lascio indovinare non solo il messaggio, ma anche chi lo ha pubblicato in Italia. Se un’offesa del genere fosse stata inferta a qualunque altra religione sarebbero intervenuti tutti, dal professore illuminista all’Onu; poiché si insulta il cattolicesimo, sembra che la cosa vada bene a tutti.
Nel leggere i due libri mi sono sentito offeso, prima che nella fede, nell’intelligenza; e non capisco perché, contro i libri di Brown, siano insorti i credenti e non, semplicemente, gli intelligenti. I due libri mi sono costati, in tutto, la bellezza di 37 euro e venti centesimi. Raramente ho speso soldi così male. Ma sono gli ultimi che la Mondadori avrà da me. E voglio che lo sappia. Non capisco perché, se si boicotta la Nike o la Nestlé, non si possa boicottare la Mondadori. Non si può pubblicare qualunque cosa e pretendere di conservare la dignità. Il libro è di fantasia, ma l’offesa è reale. Sono tentato, come mediamente intelligente e come cattolico, di querelare anch’io. Signore, fa’ che il nuovo libro di Harry Potter esca presto!