Il cinema oltre i conflitti

Professionisti dei media si interrogano sul tema della riconciliazione e sul modo di veicolare valori umani positivi nel loro lavoro.
Gente colore simboliche

«La storia di Hollywood è tutta qui – scriveva Oriana Fallaci nel 1958 –; vi hanno sempre dominato i più energici, i più aggressivi, i più fortunati, quelli che sono spinti da un’avidità molto forte di fare e di guadagnare». E, da allora, non molto è cambiato, ma può essere tutto qui? L’America, si sa, è terra di contraddizioni e Hollywood, in positivo e in negativo, riflette come in uno specchio l’immaginario collettivo creato ad arte per produrre miti, divi e storie.

 

In una Praga avvolta da un freddo clima invernale, dal 7 al 10 marzo, si sono intersecati una serie di eventi dal titolo “Il cinema oltre i conflitti”. Seminari, anteprime, dibattiti nati dalla collaborazione tra NetOne, rete di professionisti, studenti e operatori dei mezzi di comunicazione, Angelus Film Festival e Windrider Forum di Hollywood, che sostengono un cinema di contenuti e valori, e il Famu, la più antica e prestigiosa Accademia di cinema e tv di Praga. Luoghi degli eventi, nelle vicinanze del Ponte di San Carlo, l’Università, l’Ambasciata americana, la Biblioteca pubblica e il Centro dei Focolari di Praga.

 

In tutto un centinaio di addetti ai lavori (22 dagli Stati Uniti, 15 dall’Italia, il resto dalla Cechia). Tra i presenti, il noto produttore hollywoodiano Ralph Winter che ha lavorato a film come Star Treck, X-men, I fantastici quattro, Hocus Pocus; Johnny Priddy, un intraprendente produttore di documentari, che ha fondato il Windrider Forum; molti registi, quali il cineasta polacco Kristopher Zanussi e il produttore televisivo belga Erik Hendricks.

Ad alcuni di loro abbiamo posto delle domande.

 

Ralph Winter, lei ha prodotto molti film che riproducono fumetti. Come è possibile, in tali tipi di storie, veicolare dei valori positivi?

«Innanzitutto possiamo trasmettere dei valori umani positivi raccontando delle storie autentiche e oneste. Mi dirai che nei film che produco, basati sui personaggi dei fumetti, non ci siano delle autentiche storie e le trame siano indirizzate ad un prodotto costruito per far cassa. Eppure in X-men, tratto da un fumetto di quasi 50 anni fa, il principale conflitto è tra Charles Xavier e Magneto. Ad una lettura più approfondita si scopre che l’idea nasce dalla cultura americana di quei tempi, dai contrasti tra Martin Luther King, che voleva far convivere insieme le diverse razze e religioni presenti in America, e Malcom X che voleva la separazione delle razze e delle culture. Il fumetto esplora queste tensioni e il film ci permette di vedere in modo cinematografico queste opposizioni penetrandole in profondità».

 

Johnny Priddy, spesso nei documentari da lei prodotti ricorre il tema  della riconciliazione…

«Un anno fa un produttore televisivo mi ha chiesto quale era, secondo me, un tema che sarebbe emerso nella società. Ho risposto che sarebbe emerso il tema della riconciliazione. E il produttore televisivo mi ha detto che è un tema da persone deboli. Mi ha sorpreso come, nella cultura occidentale, il tema della riconciliazione sia inteso come un elemento marginale e di una cultura debole. È importante, invece, mostrare il coraggio di parlare della riconciliazione in documentari che ho prodotto come To die in Gerusalem. Parlare di riconciliazione significa oggi che sei un perdente, invece è un segno di coraggio e di fortezza».

 

Erik Hendricks, lei realizza programmi televisivi, fiction, documentari di successo per la tv belga ed olandese. Cosa vuol dire fare dei programmi di qualità e garantire gli ascolti?

«È importante essere onesti e autentici con sé stessi e il pubblico. Nella mia azienda lavoriamo in 25 persone. Ovviamente c’è bisogno di ottimi professionisti, ma anche di avere delle relazioni autentiche, di potersi guardare sempre negli occhi. Mi ricordo che 15 anni fa abbiamo deciso all’interno della mia azienda di essere onesti con il pubblico, perché con il linguaggio televisivo si può manipolare ogni cosa sia i telespettatori, sia gli ospiti dei tuoi programmi. La gente, inoltre, ama i conflitti e basta creare più tensione, ci vuole poco, e ottieni maggiori ascolti. Recentemente abbiamo realizzato un programma chiamato Mia madre. Genitori famosi che parlano con i figli della loro vita. In una puntata è intervenuta la ex primo ministro del Belgio con sua figlia. C’erano dei conflitti molto delicati all’interno della famiglia, perché i genitori avevano divorziato. A montaggio completato abbiamo fatto vedere loro il programma, che hanno accettato di mandare in onda perché si sono sentiti rispettati e hanno visto che avevamo omesso le cose troppo intime e personali.

«E la gente parla di noi come di un’azienda onesta; questo, anche economicamente, è interessante».

 

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Storie di riconciliazione

 

Molti i documentari presentati a Praga. Ricordiamo: To die in Gerusalemm, della regista israeliana Hilla Medalia, la storia intrecciata di due madri, una palestinese, una israeliana: ma la prima era la mamma della kamikaze che s’era fatta saltare in aria uccidendo tra l’altro la figlia della seconda; As we forgive dell’americana Laura Waters Hinson: un intenso reportage dal Rwanda sul ruolo del perdono nella terra del genocidio del 1994; Love your enemies del regista ceco Tomáš Škrdlant in cui si narra la storia di Premysl Pitter, lo Schindler della Repubblica ceca, che durante la Seconda guerra mondiale salvò centinaia di bambini tedeschi, cechi ed ebrei; Il colore dell’amore della regista italiana Maria Amata Calò, che trae spunto dalle divisioni nate in seno all’Europa alla fine della Seconda guerra mondiale per raccontare una storia di riconciliazione attraverso l’arte di Marko Ivan Rupnik.

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