Il cinema dei ricordi

Al Festival di Roma, numerose le pellicole che esplorano questa tematica. Tra queste, quelle di Pupi Avati, Claude Miller e Wim Wenders
il cuore grande delle ragazze

Fra le numerose offerte del Festival del cinema romano, spiccano alcune con la tematica del ricordo, della nostalgia di un passato che, almeno affettivamente, si vorrebbe, ed in fondo lo è, presente.

 

L’ultimo film di Pupi Avati, Il cuore grande delle ragazze (nella foto), più breve (84’) e più umoristico di altri, rilegge gli anni trenta della sua Bologna, ancora una volta. È la storia del nonno, personaggio colorito e del suo matrimonio. Al solito, la galleria di personaggi minori nell’opera corale è variegata e le sfumature, le pennellate di caratteri sono azzeccate, perché Avati è fine psicologo e sa far recitare bene gli attori, oltre ai protagonisti, il musicista Cesare Cremonini – al suo debutto sullo schermo – e Micaela Ramazzotti, ormai specializzata nelle parti agrodolci. Il succo del film però sta altrove. Forse nella nostalgia di come le donne di un tempo – e si spera anche del nostro – sappiano avere un cuore grande. Cioè dimenticare infedeltà e torti, come succede alla moglie del protagonista, per riconquistare la fedeltà del marito e tenere unita la famiglia. Naturalmente Avati non tiene alcun sermone, ma fra le righe il suo messaggio passa. Con quel velo di malinconia e di sorriso per un mondo antico, scherzoso e innocente anche, che forse desidererebbe ritornasse in qualche modo. Girato a basso costo, in sole sei settimane, con quell’amore per la fotografia chiara dei paesaggi collinari cari al regista, il film certo non scuote, ma racconta, inanella storie l’una dopo e accanto all’altra. E con il suo fascino discreto, piace.

 

Nostalgia dolorosa per un amore vissuto e perduto nella realtà, presente come ferita amara nell’animo, è il tema del francese Voyez comme ils dansent, di Claude Miller. Due donne hanno animato la vita dell’artista Vic (James Thiérrée), scomparso inaspettatamente nel nulla. Suicidio, fuga? Le due donne si incontrano casualmente, per un guasto al treno, nel Canada. Si temono, si odiano, si confrontano, si capiscono nelle loro diversità e nelle storie così differenti con quell’uomo imprevedibile e assetato di amore che ne ha dominato l’esistenza. Recitato con grande efficacia da Marina Hands e Maya Sansa, il film è un racconto di perdita ma pure di guadagno, perché se Vic è perduto, l’amore per lui si è centuplicato dentro di loro. Nella bellezza della natura invernale, colma di neve e di grigio, le due donne hanno ritrovato la forza di vivere. Non è poco per u n film dall’andamento calmo, riflessivo e per nulla artificiale. Anzi.

 

Ottimista, infine, si rivela il regista Wim Wenders, tornato dopo anni ad abitare nella sua Germania, che vive una stagione di notevole sviluppo culturale. Perciò la presentazione del suo film in 3 D sulla celebre coreografa Pina Bausch non è stato tanto un atto di nostalgia per una donna dagli “occhi penetranti, pieni di luce, espressione di gentilezza e generosità”, quanto un voler mantenerne attuale la memoria, rendendola presente in ogni punto del globo dove i l film verrà presentato (da noi esce il 4 novembre). L’incontro infatti tra due creatori tanto geniali non può che continuare, anche se in modo diverso, quello ormai di una “corrispondenza sentimentale” forse più viva che nel passato.

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