Il Cile maledice i centimetri: ai rigori passa il Brasile
Nel football, come nella vita, la differenza può stare in qualche centimetro, come la celebre pellicola “Ogni maledetta domenica” ricordò attraverso un memorabile discorso alla squadra dell’allenatore, interpretato da Al Pacino. Brasile-Cile ne testimonia l’incorreggibile verità, donandone un emblematico esempio, impreziosito dalla crudele lotteria dei calci di rigore, che vede passare ai quarti di finale i padroni di casa verdeoro. Una questione di centimetri, avrà pensato Mauricio Pinilla, centravanti del Cagliari e della nazionale cilena: scoccava il minuto 120 di una sportiva battaglia campale, quando il suo destro secco dal limite s’infrangeva sulla traversa, con Julio Cesar inerme tra la preghiera e il timore di guardare meglio una traiettoria letale. Una questione di centimetri, avrà pensato Bravo: quando Bravo ha toccato con la punta delle dita il terzo rigore brasiliano, realizzato da Marcelo. Una questione di centimetri, avrà pensato il difensore Jara, in uno dei suoi pomeriggi più sfortunati: dopo l’autorete al 18° occorsa in deviazione su azione d’angolo, centrava il palo nell’ultimo rigore previsto, vedendo il pallone danzare a pochi centimetri dalla linea di porta per spegnersi sul fondo, oltre il palo opposto. Questione di centimetri, avranno pensato centinaia di milioni di appassionati di calcio cogliendo questi frammenti di di una gara senza esclusione di colpi: il Brasile passa ai quarti, ma che paura e, soprattutto, quanta buona sorte sui centimetri…
La gara era cominciata in sordina: una conclusione per parte a lato, un tuffo in area per parte ed un direttore di gara, l’inglese Webb, che dissipa subito ogni sospetto su eventuali favoritismi arbitrali nei confronti del Brasile, non sbagliando praticamente nulla e conducendo una gara perfetta sul piano dell’autorevolezza e dell’equità di giudizio.
Senza alcun timore reverenziale iniziava anche il Cile, schierato con il previsto 5-3-2 imperniato sulla grinta mediana di Vidal e sulle folate offensive di Edu Vargas e Sanchez, che concedeva un maggiore possesso palla ai brasiliani ma teneva bene il campo non disdegnando veloci ripartenze. Il Brasile rispondeva con il consueto 4-2-3-1: terzini fluidificanti Dani Alves e Marcelo, centrali Thiago Motta e David Luiz, una cerniera di mediani composta da Luis Fabiano e Fernanrdinho ed una batteria di trequartisti, Hulk, Neymar ed Oscar, a sostegno dell’unica punta Fred.A sbloccare la gara al 18° era una sfortunata autorete su azione d’angolo: sugli sviluppi di una mischia, Jara deviava in rete, appostato sul secondo palo, nel tentativo di anticipare David Luiz, appropriatosi del gol. Il cile non si disuniva, continuando a mordere i portatori di palla avversari e trovando al 32° il pareggio con Sanchez, lesto a battere dall’altezza del dischetto Julio Cesar su assist di Edu Vargas, in seguito ad un errato disimpegno di Hulk. Il Brasile sembrava incorrere ancora una volta in qualche incertezza già vista nel corso del Mondiale, apparendo anche psicologicamente poco incline alla reazione. Nel primo tempo contava su un Neymar spesso imprendibile sulle accelerazioni, ma non decisivo in fase di finalizzazione: al 36° si rendeva pericoloso svettando su cross di Oscar, ma la palla deviata da un difensore usciva di un soffio. La sensazione è che il Brasile si affidasse quasi esclusivamente al suo gioiellino, capace di mettere in apprensione ad ogni scatto la retroguardia cilena, e alle sortite di Hulk (foto sopra). Al 39° proprio da un’incursione di Neymar arrivava per Fred l’opportunità di deviare a pochi passi dalla porta un pallone vagante, ma il pallone si spegneva alto sulla traversa. Sempre oltre la traversa finiva la corsa anche la staffilata di DaniAlves, deviata dal portiere cileno Bravo. Allo scadere della prima frazione, Aranguiz fa tremare l’intero Brasile inserendosi in area per ricevere un passaggio filtrante, ma subendo il prodigioso recupero di un difensore avversario.
Il secondo tempo vedeva le due squadre abbassare i ritmi, complice il grande dispendio di energie del primo tempo ed il caldo ostile: il Cile teneva ancora bene il campo, il Brasile accumulava nervosismo e corsa a vuoto in crescendo, insieme allo scorrere del tempo. Al 54° Webb annullava giustamente un gol fortunoso di Hulk per controllo con braccio, ma al 64° Julia Cesar vestiva i panni di “Acchiappasogni” ben noto agli appassionati interisti: il suo grande riflesso sulla conclusione ravvicinata a botta sicura di Aranguiz tiene il Brasile sul pareggio al 64°. Non sembrava accusare più di tanto la stanchezza però Hulk, che al 74° imbecca con un cross sul secondo palo il solitario Jo, clamorosamente a vuoto all’impatto con il pallone. Data l’antifona, Hulk ritentava personalmente all’84° con una travolgente giocata che semina uomini al limite dell’area, ma la conclusione di destro vedeva la gran risposta di Bravo, ancora decisivo dopo essersi opposto anche sull’irruzione di testa poco precedente di Neymar.
Ai supplementari, prevalevano paura e indolenzimenti muscolari su tecnica e freddezza: per una buona mezz’ora, l’unica conclusione degna di nota era ancora di Hulk, che scaricava dal limite un terra-aria parato da Bravo, di nome e di fatto. Quando l’opinione condivisa sembrava dare per certi i rigori, una pregevole combinazione tra Sanchez, ancora una volta funamboolico, e il neoentrato Pinilla, vedeva infrangersi sulla traversa i sogni di gloria da impresa sportiva del Cile. Prima della lotteria dei rigori, rubavano la scena le lacrime di uno stranamente tesisissimo Julio Cesar, forse premonitrici: “l’Acchiappasogni” parava ben due penalty, vanificati dagli errori dal dischetto di Willian e Hulk. La ruota dei centimetri sorrideva comunque al Brasile, qualificato dall’errore decisivo di Jara, all’ultimo calcio dagli 11 metri stampatosi sul palo.
Il Brasile accede ai quarti quasi senza potere esultare, al di là della freddezza zen di Neymar sull’ultimo calcio di rigore: nel calcio, come nella vita, contano i centimatri ma, talvolta, solo una buona dose del caso ne regola la misura. Questa volta, il caso ha sorriso al Brasile ma, è risaputo, il caso nel calcio, come nella vita, sorride a fasi alterne e potrebbe non tornare in soccorso per sopperire a lacune tecniche e psicologiche apparse evidenti contro i gagliardi cileni, usciti tra gli applausi.