Il cibo avanzato? Te lo redistribuisco con la app

Gli studenti dell'università di Berkeley hanno elaborato Feeding forward: una tecnologia che mette in contatto in tempo reale chi può dare e chi ha bisogno di ricevere
App di Berkley

Uno dei tanti ostacoli nel risolvere la piaga della fame nel mondo, si sa, è che il cibo non è distribuito in maniera equa: è perfettamente inutile che io qui in Italia abbia più cibo di quanto ne riesca a mangiare, se chi invece ne avrebbe bisogno si trova in qualche sperduto villaggio dell'Africa. Eppure c'è chi, almeno su distanze più corte, si è ingegnato per trovare la soluzione. Un gruppo di studenti dell'università di Berkeley, capitanati dalle ventiduenne Chloe Tsang, ha elaborato la app Feeding forward: un sistema per mettere in rete chiunque possa disporre di avanzi di cibo – come mense universitarie, ristoranti, supermercati -, chi lo distribuisce agli indigenti della zona – perlopiù associazioni noprofit – e i volontari che effettuano il trasporto.

Il meccanismo è semplice e rapido: chiunque disponga di cibo in sovrappiù può registrarsi sul sito e inserire tramite la app dal suo cellulare quanto e che cosa abbia a disposizione. Immediatamente l'algoritmo elaborato dagli studenti «abbina» l'offerta ad una delle richieste inoltrate tramite la stessa app da chi invece riceve le donazioni – sia in base al tipo di richiesta che alla distanza tra donatore e ricevente – e ad uno degli autisti volontari che sempre con questo sistema ha segnalato di essere disponibile e la sua posizione. Attualmente sono oltre 400 i donatori e un centinaio i beneficiari registrati in tutta la zona attorno a San Francisco; e dalla primavera del 2003 sono state redistribuite grazie a Feeding Forward oltre 230 tonnellate di cibo, che altrimenti sarebbe andato ad unirsi a quelle 17 mila tonnellate che ogni giorno negli Stati Uniti prendono la via del cassonetto. A sponsorizzare il progetto, grazie anche alla posizione strategica in cui l'iniziativa è nata, ci sono anche grossi nomi come LinkedIn e Huffington Post.

La tecnologia, a dire il vero, è arrivata solo in seguito: i ragazzi infatti avevano iniziato – molto banalmente – a portare loro stessi il cibo non distribuito dalle mense universitarie alle strade in cui vivevano i senzatetto. Iniziative simili stavano però nascendo anche in altri atenei; e così i giovani di Berkeley hanno contribuito a fondare la Food recovery network, una rete di associazioni studentesche in 95 università trasporta regolarmente – e legalmente – i pasti non distribuiti sia in strada che direttamente nelle famiglie che ne hanno bisogno. Ed è stata proprio la necessità di organizzare una realtà sempre più vasta a portare all'elaborazione della app. E gli studenti di Berkeley, peraltro, non pongono limiti a questa crescita: «Dovrebbe diventare un'applicazione accessibile a tutti e dovunque – ha dichiarato Chloe all'ufficio stampa dell'ateneo -. Non mi aspettavo che la cosa diventasse così grande, ma proprio per questo ora non possiamo fermarci».

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