Il card. Vlk lascia la diocesi di Praga
L'ormai arcivescovo emerito è a Bangkok, in Thailandia, dove ha concluso i lavori di un convegno spirituale per vescovi amici dei Focolari dell'Asia.
Questa sera a Praga si terrà una veglia di preghiera. Era stata programmata da tempo per celebrare i venti anni di episcopato del card. Miroslaw Vlk. Ma ieri è giunta una novità. Benedetto XVI ha accolto le sue dimissioni, presentate quasi tre anni fa. In questi giorni l’ormai arcivescovo emerito di Praga è a Bangkok, in Thailandia, dove ha appena concluso i lavori di un convegno spirituale di quattro giorni per vescovi amici dei Focolari dell’Asia. Lo incontriamo 140 chilometri a nord della capitale, durante la visita ad un’area su cui sorgerà la cittadella thai del movimento fondato da Chiara Lubich
Eminenza, era una decisione concordata da tempo?
«Certamente. Io ho presentato al Santo Padre le mie dimissioni nell’aprile 2007, quando ho compiuto 75 anni, come previsto dal codice. Il Santo Padre, anche nel mio caso, ha voluto prolungare di due o tre anni la mia permanenza alla guida della diocesi. Infatti mi disse: “Ancora due anni”. Ormai è una consuetudine, questo prolungamento. Il tempo si è un po’ allungato e siamo giunti quasi a tre anni».
Cos’ha significato per lei, dopo il compimento dei 75 anni, restare ancora al servizio della Chiesa di Praga?
«Dal momento che godo di una condizione di salute assai buona, non mi è risultato straordinario il fatto di restare ancora un po’ di tempo. Quando il Santo Padre ha effettivamente deciso così, ho accettato con riconoscenza e gioia per l’opportunità ulteriore di servire la Chiesa. È stato motivo di viva contentezza».
Adesso che capitolo nuovo si apre?
«Questa è una domanda molto bella. Anch’io ho riflettuto. Per me significa “perdere” la diocesi. Nella mia vita, come uomo e come sacerdote, un filo d’oro ha legato tante mie vicende all’insegna del perdere, perdere, perdere».
Qualche esempio?
«Quando, sotto il comunismo, mi hanno revocato la licenza di poter esercitare il mio sacerdozio e sono diventato lavavetri a Praga, quello fu un perdere. Così tante altre volte. Ma ho sperimentato che abbracciare queste sconfitte vuol dire partecipare più intimamente all’esperienza di abbandono di Gesù sulla croce. E questo – l’ho provato – porta gioia e pace nel cuore».
Cosa significa, allora, per lei perdere la diocesi?
«Anche se rimarrò in diocesi, ho capito che devo perdere l’influsso sinora esercitato e non trascinare dietro di me la comunità ecclesiale, ma anzi, fare spazio realmente, coscientemente e spiritualmente al nuovo vescovo che arriva. Mi impegnerò per facilitare nella gente l’adesione convinta al nuovo pastore».
Insomma, farà tesoro dell’esperienza di una vita.
«Dio mi ha tenuto in esercizio per tutta la vita. Quindi per me è molto importante farne tesoro nel migliore dei modi. Vivo già, in questo momento, con la prospettiva certa che questo atteggiamento porterà pace e gioia».
Data la sua buona salute, il Santo Padre le affiderà qualche altro incarico?
«Non credo, perché il Santo Padre sa che da anni sono molto impegnato nel Movimento dei Focolari nell’ambito dei vescovi. Farò dunque il moderatore sia dei vescovi cattolici amici dei Focolari, sia del gruppo di vescovi delle diverse Chiese in rapporto con il movimento».