Il carcere oltre le mura
Si pensa al carcere come ad un mondo a sé stante con il quale non si hanno, in genere, tanti contatti: si ascolta distrattamente qualche notizia che lo riguarda in TV, ma tra il carcere e la società rimane un muro eretto nel tempo. Con questo incontro vorremmo contribuire a sgretolare questo muro conoscendo più da vicino questa realtà.
Non capita tutti i giorni di poter parlare di carcere con persone esperte che hanno dedicato e dedicano ad esso tempo, lavoro ed energie. Sembrava impossibile poter contattare i nostri due illustri ospiti, poi ci ho provato e loro hanno accettato con grande disponibilità ad essere presenti questa sera.
La dottoressa Nicosia, per sei anni direttrice di Città Nuova, un mensile di attualità e di cultura, è promotrice della Rete Carceri d’Italia, ideatrice e responsabile dell’Inserto Carceri. Uscito per la prima volta nel dicembre scorso sulla rivista, segno dell’attenzione di questo giornale verso la realtà carceraria, verrà pubblicato ogni tre mesi con aggiornamenti sull’argomento.
Il dottor La Pietra è molto conosciuto e apprezzato non solo a Parma, ma in tutta Italia per il suo impegno politico e civile, per la sua vicinanza al mondo carcerario. Si occupa da tempo dell’orientamento all’inclusione lavorativa dei detenuti. Dal settembre scorso fa parte del Segretariato permanente del CNEL per l’inclusione lavorativa delle persone detenute, un gruppo di dieci esperti, figure di altissimo profilo. Il CNEL è la cosiddetta terza camera dello Stato, un organismo costituzionale, mentre il Segretariato permanente è una sorta di cabina di regia per il sistema carcerario italiano, per un’interazione sempre più competente ed efficace sia con le diverse realtà istituzionali che se ne occupano che con i corpi intermedi (enti del terzo settore, fondazioni, università, ecc.).
Dopo la presentazione Nicosia esprime la sua gioia nel trovare tanti volti amici, ma anche quella di vedere la Rete Carceri e quella degli Appassionati incontrarsi ed intrecciarsi. Nel frattempo, sullo schermo presenta “Oltre le mura: Il carcere e la comunità”, un inserto di otto pagine, il primo uscito in dicembre, mentre il secondo verrà pubblicato in marzo.
Il titolo dell’editoriale di apertura è “Impegno” e vuole esprimere sia quello di Città Nuova in questi anni, sia quello di tener viva l’attenzione sui temi del Carcere, perché il rischio è che le nostre coscienze possano assopirsi. L’inserto è nato per dare voce a tutti i soggetti che costituiscono questo mondo complesso.
Prima di tutto si dà voce ai detenuti: si parte con una testimonianza di un detenuto del carcere di Verona. Un altro posto rilevante ce l’hanno sia i volontari impegnati in vario modo ad affiancare i detenuti, sia i loro progetti, che vengono portati avanti con tenacia: “Con Città Nuova rinasce la speranza”.
“Costretti a cambiare” parla di come la comunità locale si educa alla solidarietà non per i detenuti, ma con i detenuti costruendo percorsi e strutture educative una volta usciti dal carcere.
Segue un’intervista a don Nicolò, cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma. Essa mostra l’importanza di queste figure insostituibili per il loro servizio, per la passione e l’impegno ad ascoltare ciascun detenuto. L’ottava pagina “In prospettiva” vuole dare voce ai problemi, alle criticità, ma anche guardare in prospettiva, per individuare dei possibili percorsi e proposte.
Poi si dà la parola al dottor La Pietra, emozionato e grato di questo invito. Ci prende per mano e ci invita ad entrare nel mondo carcerario per ascoltarlo e guardarlo da vicino, attraverso gli occhi di chi ci vive e ci lavora.
Ci parla del suo sogno, da realizzare tutti insieme: abbattere le barriere, costruire un ponte tra il dentro e il fuori le mura. Aggiunge che per essere ponte occorre conoscere la strada, il fiume e volere unire le due sponde fra il carcere e la società. E lui, impegnato da diversi anni negli istituti penitenziari di Parma, conosce bene la realtà carceraria, la strada e il fiume…
Sa che il carcere ha bisogno di realtà concrete, che ogni detenuto non è il reato che ha commesso, ma è prima di tutto una persona e che lo studio, la formazione e il lavoro sono strumenti che possono restituire dignità e speranza. Si occupa da tempo dell’orientamento, della profilazione finalizzata all’inclusione lavorativa dei detenuti, per facilitare l’incontro tra la domanda di lavoro delle persone private momentaneamente della libertà e l’offerta lavorativa delle aziende presenti sul territorio.
Ci parla di come l’interesse e la passione verso i detenuti sia nata in lui molto tempo fa grazie anche a figure indimenticabili, dei veri “maestri” che lo hanno affiancato all’inizio della sua esperienza lavorativa nel carcere di Sulmona. Poi ha continuato a lavorare prevalentemente nei contesti di alta sicurezza e quindi ha avuto modo di seguire il percorso, il progetto di reinserimento di molti detenuti.
Fin da quando ha varcato per la prima volta la soglia di un carcere, ha compreso che l’ascolto diventa fondamentale, crea una relazione. Per cui quando arriva la proposta di un lavoro diventa emozionante accompagnare quella persona nel suo percorso lavorativo. Così come ci si mette necessariamente in discussione quando ci troviamo dinanzi ad un fallimento, ad una ricaduta, alla recidiva.
Gli chiediamo di spiegarci una frase scritta da lui tempo fa: «Una delle qualità indispensabili dell’essere umano è la capacità di indignarsi, ma non ci si può fermare all’indignazione è necessario impegnarsi, non restare prigionieri nella nube dell’indifferenza». I detenuti sono colpevoli del reato commesso, sono privati della libertà, ma non della dignità. Ecco che allora abbattere il muro dell’indifferenza è fondamentale. Si può restare disorientati, indignati di fronte a certi crimini, a certe ingiustizie ed inadempienze, ma non possiamo fermarci lì. Dobbiamo andare oltre, cercare (anagramma di carcere) quel barlume, quell’appiglio che ci consente di ricostruire la speranza. Mai da soli, è un lavoro complesso, di rete, dal riferimento professionale dei funzionari giuridico pedagogici, degli psicologi, dei criminologi a quello dei volontari, e non da ultimo della polizia penitenziaria. Solo insieme si può scoprire e ri-scoprire il seme della speranza, parola chiave del Giubileo, che sta nell’esserci ora, adesso!
E conclude: «Quando incontro un detenuto nel corridoio e ci salutiamo, c’è la volta in cui gli dico che la prossima settimana ci vedremo, perché ho una novità per il suo reinserimento lavorativo. In quel momento si apre la finestra della speranza. C’è invece la volta in cui gli comunico che purtroppo non ci sono novità, difficile da incassare. Anche in quel momento è stato messo il seme della speranza, vuol dire continuare a stare al suo fianco, camminare insieme, affinché la situazione si sblocchi. Sono veramente solo piccole gocce, ma molto importanti».
Per me il CNEL, il Segretariato permanente, è una realtà di prossimità, di concretezza, operativa, molto preziosa, come quella dei volontari, di Città Nuova, di chi ha a cuore il carcere.
Penso che una serata come questa rimarrà impressa in tanti. Si è scoperta una realtà non solo di isolamento, di solitudine, di prigionia, di contraddizioni, di sovraffollamento, ma anche di donne e uomini nuovi, contraddistinti da sensibilità, preparazione, abnegazione, che fanno la differenza dando vita ad un mondo nuovo essendo con i detenuti per accompagnarli a sentire il fresco profumo della libertà. Già dall’interno di un carcere.
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