Il canto di Mahler
Edward Gardner, 39 anni, debutta a Roma. È un inglese alto e dinamico, forse troppo, ma dà gli attacchi perfetti, suscita ondate travolgenti dall’orchestra e dal doppio coro – voci bianche comprese – ad eseguire un’opera tormentata e difficile di Mahler. Questo “Lamento e accusa” (Das klagende Lied) è una cantata in tre parti del 1880, e narra la leggenda di due fratelli, di cui il maggiore, perfido, uccide il minore per gelosia. Una favola nera, o meglio gotica, scritta dallo stesso musicista.
Si sente che siamo in un clima tardoromantico, dove simbolismo, gusto gotico e favolistico si intrecciano su una base evidentemente wagneriana, con assonanze con Richard Strauss, ma anche facendo emergere la personalità forte di Mahler. Il quale dilata i tempi, incalza tuttavia nel racconto e valorizza ogni singola sezione e strumento dell’orchestra. Ne esce una partitura lussureggiante, come certa arte simbolista con accenni scoperti al colore – quasi fossimo in un dipinto di Klimt –, in cui il quartetto dei solisti si esprime come una delle tante voci, wagnerianamente.
Stringente nelle dinamiche, la tavolozza orchestrale si acutizza nei lamenti terribili come nelle rare pause di calma e Mahler lascia al canto dei fanciulli l’orrore degli innocenti che non capiscono la brutalità della morte: una scelta indovinata.
Corrusca, questa musica di un’ora non lascia un attimo tranquilli. Mahler sfonda il tempo, si compiace di un fatalismo di crudeltà favolistiche, affrescando tre storie – "Fiaba della foresta", "Il menestrello", "Scena di nozze" – con una raffinatezza che si ritrova, letterariamente, in Oscar Wilde. Manca però la pace. E il finale improvviso e durissimo lascia interdetti.
Una musica così complessa ha visto le compagini ceciliane al massimo impegno: meravigliosi i solisti – clarinetto oboe tromba – e dinamico il direttore inglese, preciso e coinvolgente in un brano eseguito l’ultima volta otto anni fa a Roma. In apertura la graziosa Terza Sinfonia di Schubert, con melodie e ritmi leggeri.