Il cammino di Santiago, un viaggio verso l’altro
Può un'esperienza come il Cammino di Santiago di Compostela, in Spagna, insegnare a lavorare in un team internazionale?La testimonianza di Luca.
Il mio nome è Luca e lavoro in un gruppo multinazionale, formato da molte aziende. In quest’ultimo anno ho avuto occasione di ascoltare diverse esperienze sul “cammino” di Santiago di Compostela, che hanno accresciuto in me il desiderio di andare.
Grande è stata la sorpresa quando, qualche mese fa, nella mia mail aziendale è comparso un invito a partecipare ad un evento internazionale intitolato “Walk to Santiago de Compostela”. Il programma non era disponibile ed io pensai si trattasse di meeting e convegni (a cui non ero minimamente interessato), ma essendo tanta la voglia di vedere Santiago decisi di iscrivermi. A settembre è stata fatta un’estrazione: tra gli oltre mille iscritti ne sono stati sorteggiati 70 (10 per paese) tenendo conto di vari criteri (società del gruppo, sesso, età, etc).
Mi arriva una mail: non sono tra gli estratti, ma sono finito in una lista di riserva per cui, se qualcuno rinuncia, posso subentrare. Dentro di me ho la certezza che parteciperò. Dopo 2 giorni mi arriva un’altra mail: una persona ha rinunciato e sono subentrato io. Grande è il mio stupore, ma c’è un altro problema: alcuni costi del viaggio devono essere sostenuti dalla mia area e il mio responsabile non è molto d’accordo. Penso che non posso mollare proprio ora e, comunque, se non andassi io andrebbe un altro con conseguente costo per l’azienda. Due giorni dopo ricevo l’ok, finalmente posso andare!
Sbrigate le ultime formalità burocratiche chiedo il programma agli organizzatori e con mia grande sorpresa scopro che non ci sono convegni o meeting, ma in 3 giorni si copre a piedi una distanza di circa 90 Km. Certo, questa distanza non è tantissima, ma nemmeno poca, per cui, sentendo il parere di chi è già andato, decido di allenarmi. E così scopro che è possibile fare 5 km a piedi, arrivare alla stazione e prendere il treno per recarmi a lavoro. Forse abbiamo dimenticato sane abitudini che fanno bene alla salute (e al portafoglio).
A metà ottobre si parte; mi ritrovo con altri 5 italiani che ancora non conosco all’aeroporto per iniziare questa avventura. Dopo la prima serata di presentazione (arriviamo da 7 paesi europei) veniamo divisi in gruppi in base al livello di “camminatori” che abbiamo dichiarato e, zaino in spalla, cominciamo a camminare.
Certo siamo ben lontani dai veri pellegrini che percorrono centinaia (qualcuno anche oltre 1.000) di chilometri con zaino e sacco a pelo, disposti a cucinarsi da soli, mangiare qualcosa durante la camminata e dormire dove capita, nei letti a castello come nelle palestre. I nostri bagagli vengono trasportati con minivan e i posti dove alloggiamo e mangiamo sono sempre di “un certo livello”. Inoltre, ci sono dei minivan a disposizione di chi non ce la fa a camminare.
I piccoli problemi comunque non mancano: dai ritardi nei voli ai bagagli che arrivano in albergo a notte inoltrata, ma soprattutto per me, timido di natura, il dover interagire con persone che non conosco e per di più esclusivamente in inglese (che nel mio caso è molto da perfezionare). Infatti l’organizzazione ha pensato bene di stabilire camere, pranzi, cene e perfino i gruppi di cammino, secondo un mix internazionale. Un evento organizzato non per motivi religiosi, ma per spingere i dipendenti ad affrontare una sfida con persone sconosciute di diversa cultura e lingua.
Alla fine è stata un’esperienza stupenda per tutti. Nel blog che era stato appositamente creato, molti sono stati i commenti. «È stata una grande esperienza di vita… Durante il percorso, con dolori, sotto il sole, chilometro dopo chilometro, ho trovato molti amici con cui giocare, dividere opinioni ed emozioni…», ha scritto un collega italiano.
«Nel passato ho fatto molti viaggi, ma questo è stato il viaggio della mia vita… Sono stato bene tutti i momenti, con tutte le persone che camminavano con me…», ha replicato un collega portoghese. «È stata un’esperienza unica! Sono veramente felice di aver avuto l’opportunità di partecipare a questo interessante evento», ha scritto una collega greca.
E per me cosa è stato Santiago? Oltre alla bellezza dei paesaggi mi porto via anche la bellezza delle persone. Mi è rimasta impressa l’esperienza di un collega francese raccontata davanti ad un birra, che in più occasioni aveva trascorso, come volontario, le sue vacanze in alcuni ospedali africani per installare del software specifico di un certo tipo di macchine che erano state donate (è un tecnico specializzato) e che altrimenti non avrebbero potuto funzionare.
È proprio vero: l’amore è universale e va oltre il credo religioso. L’importante, penso, sia togliere quei giudizi e pregiudizi che ci impediscono di vedere l’altro per come effettivamente è!