Il cammino dell’unità secondo papa Francesco
Ecumenismo della carità, della verità, pratico, spirituale sono le quattro dimensione del cammino ecumenico secondo papa Francesco. Il cardinale Kurt Koch con un ampio, profondo, dettagliato intervento delinea l’obiettivo della piena unità delle chiese come prospettiva del dialogo ecumenico. Secondo papa Francesco, in linea con i suoi predecessori,
«le divisioni sono uno scandalo, l’impegno ecumenico deve mirare infine alla celebrazione comune dell’Eucaristia e l’unità si realizza sempre nella diversità riconciliata». L’unità è un processo avviato, è un cammino, la sua profonda convinzione ecumenica si basa sul fatto che: «L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino». Al primo posto il papa non mette il dialogo teologico ma l’incontro fraterno nelle parole e nei gesti, nutrito di carità, fratellanza, amicizia, tramite l’incontro diretto di cristiani di diverse chiese perché «la verità è un incontro, un incontro tra persone. La verità non si fa in laboratorio, si fa nella vita, cercando Gesù per trovarlo». Il dialogo teologico è importante ma lo intende come uno «scambio di doni», che non è «un mero esercizio teorico», ma permette «di conoscere a fondo le reciproche tradizioni per comprenderle e, talora, anche per apprendere da esse». Soprattutto si può collaborare in modo pratico: pregare insieme, lavorare insieme, cercare la pace, custodire il creato, aiutare i poveri, difendere la libertà religiosa, il matrimonio e la famiglia. Ma l’unità non è frutto di uno sforzo comune, «è primariamente un dono di Dio per il quale dobbiamo incessantemente pregare». E’ l’ecumenismo spirituale e i cristiani devono pregare gli uni per gli altri.
Sono molti oggi i cristiani perseguitati. Perché il papa mette molto in evidenza l’importanza dell’ecumenismo del sangue?
«Dobbiamo essere consapevoli che l’80 per cento degli uomini perseguitati nel nome della fede nel mondo sono cristiani. Ci sono più persecuzioni oggi che nei primi secoli del cristianesimo. E’ un fatto che deve provocare una grande solidarietà tra tutte le chiese perché i martiri non sono perseguitati in quanto cattolici, armeni, ortodossi, anglicani, pentecostali, luterani, ma perché sono cristiani. Il loro sangue non divide ma unisce. I martiri vivono già la prima comunione in cielo che noi dobbiamo ritrovare sulla terra. Loro ci aiuteranno per il cammino dell’unità».
Dopo 50 anni di preparazione, nel 2016 si svolgerà il Sinodo panortodosso. Che riflessi potrà avere sul movimento ecumenico?
«Se le chiese ortodosse ritroveranno un po’ più di unità tra di loro questo sarà di grande aiuto anche per l’ecumenismo e aiuterà anche nel cammino per poter celebrare l’Eucaristia insieme tra cattolici e ortodossi. Sono convinto che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo sta prodigandosi di tutto cuore per questo Sinodo panortodosso. Come Chiesa cattolica vogliamo aiutare per quanto possiamo e preghiamo intensamente».
Si è concluso il 34° convegno dei vescovi ecumenici dei Focolari. Che apporto possono dare all’unità tra le chiese questo tipo di incontri?
«Il ministero del vescovo è un ministero di unità nella propria chiesa e l’unità tra le chiese è, allo stesso tempo, un grande obbligo per tutti i cristiani perché è la volontà del nostro Signore. E tutti i vescovi vogliono essere obbedienti alla volontà di Dio. Incontri come questo possono aiutare a ritrovare l’unità di cui abbiamo molti diversi concetti nelle varie chiese. Cercare un consenso, dialogare è l’impegno più importante in questa stagione dell’ecumenismo. E sono molto grato ai Focolari per questo impegno nell’ecumenismo».