Il calcio dopo la rivoluzione
Il passo di danza di un atleta ivoriano e di uno sudanese.
Le grandi manifestazioni sportive, accanto all’aspetto puramente agonistico, portano alla luce tante storie interessanti. Anche la ventottesima edizione della Coppa d’Africa di calcio, ospitata in queste settimane dal Gabon e dalla Guinea equatoriale, non è sfuggita a questa regola. E se l’assenza di alcune formazioni di primo piano (in particolare l’Egitto, vincitore delle ultime tre edizioni, ma anche Camerun e Nigeria), ha in parte affievolito il valore tecnico del torneo, non sono mancati spunti degni di nota.
La Libia del dopo Gheddafi, ad esempio, si è presentata con una maglia, un inno e una bandiera tutte nuove. Il campionato in patria è fermo da mesi ma i Cavalieri del Mediterraneo sono scesi di nuovo in campo. In squadra non ci sono più alcune stelle, escluse per essersi schierate a favore del regime uscente, ma tra gli altri c’è Walid Elkhatroushi, tornato a giocare dopo mesi passati in prima fila tra gli oppositori del leader deposto. Così, per la nazione che più di tutte rappresenta oggi il desiderio di cambiamento del continente africano, la partecipazione al torneo ha rappresentato un momento di speranza. Forse non di vittoria, ma di una nuova ritrovata libertà.