Il cacciatore di aquiloni
Preceduto da una notevole aspettativa, questo film sta attirando un vasto pubblico. Ciò grazie alla sua derivazione da un best-seller, venduto in quasi tutto il mondo in milioni di copie. Lo ha scritto Khaled Hosseini, oriundo afghano emigrato negli Usa. L’originalità è legata all’ambientazione in Afghanistan durante quel periodo di 25 anni che ha visto l’invasione sovietica, la dittatura talebana, la fuga di alcuni negli Stati Uniti. È stata la Dreamworks, la casa di produzione di Spielberg, a fiutare l’occasione, non lesinando sulle spese e affidandosi alla regia dell’esperto Marc Forster. Siamo a Kabul nel 1978. Due ragazzini di etnie diverse sono molto amici, ma la persecuzione odiosa di compagni più grandi è all’inizio di un contrasto tra loro, che si sanerà solo dopo molti anni. Il motivo, colorato e poetico, degli aquiloni, che li univa inizialmente, ritorna alla fine per sottolineare l’intesa tra uno di loro, divenuto adulto, ed il figlio dell’altro. Il Cacciatore di aquiloni attrae per la storia di un’amicizia tradita e per l’influenza da essa esercitata sullo sviluppo della personalità, fino alla spinta ad un comportamento eroico. Assai curata l’ambientazione della Kabul di un tempo. Aspre e tese le scene dell’occupazione russa e quelle del controllo dei talebani, nelle quali risalta, per contrasto, la moralità della complessa figura del padre e quella del protagonista, quando rischia tutto per salvare il nipote. Verso la fine, però, qualcosa non quadra nella fuga dal presidio talebano, risolta in una maniera rocambolesca e semplicistica, alla maniera del genere poliziesco. E chi ha letto il romanzo potrà osservare che l’evolversi dei sentimenti è stato raccontato solamente per tratti essenziali. Essi, tuttavia, sono sufficienti a far comprendere il dramma vissuto da quegli emigrati afghani e, in generale, si può dire che la trasposizione in film è toccante e capace di arrivare a tanti. Regia di Marc Forster; con Ahmad Khan Mahmidzada, Khalid Abdalla, Zekeria Ebrahimi, Homayoun Ershadi.