Sempre più clienti per gli agricoltori italiani. Un fenomeno che rivela una sofferenza ormai nota di questo settore. Ma anche un – genuino, è il caso di dirlo – interesse dei consumatori
Se parlate con gli anziani, specie nelle campagne, vi diranno che avete scoperto l’acqua calda: loro a comprare – o scambiare – latte, frutta e verdura direttamente dall’agricoltore ci sono sempre andati. Eppure quando, partendo dagli Stati Uniti, i farmer’s markets (mercati dell’agricoltore) sono diventati quasi una moda, si erano posti come la grande novità del momento: in un mondo dove la lunghezza della filiera finiva per stringere sia il produttore che il consumatore in una morsa di prezzi in calo nel campo e in crescita al banco – nonché in una qualità del cibo spesso scadente – far incontrare direttamente le parti sembrava la quadratura del cerchio. Finalmente gli agricoltori avrebbero potuto farsi pagare il giusto, e i consumatori gustare un prodotto genuino.
Una crescita continua
In effetti oltreoceano il successo è stato anche troppo: secondo quanto riferisce il New York Times, il numero di farmer’s market ha ampiamente superato la domanda, tanto che il loro incremento – oltre 7 mila in tutto il Paese, di cui un migliaio aperti solo quest’anno – finirebbe semplicemente per “mascherare” il fatto che gli agricoltori devono piazzare i loro prodotti in sempre più punti vendita per garantirsi un guadagno accettabile. Secondo una ricerca della Oregon State University, peraltro, circa la metà dei mercati aperti nello Stato tra il 1998 e il 2005 hanno chiuso.
In Italia i farmer’s market sono arrivati con la Finanziaria 2007, che consentiva agli agricoltori di vendere direttamente i propri prodotti. A dispetto delle accuse di concorrenza sleale da parte dei commercianti, basate soprattutto sui dubbi in merito all’effettivo rispetto di normative igienico-sanitarie e fiscali, hanno prosperato: secondo l’ultimo rapporto presentato da Coldiretti e Campagna Amica, nel 2010 in Italia i mercati aperti hanno toccato quota 705, con una crescita del 28 per cento rispetto all’anno precedente. Il 60 per cento di questi si trova al Nord, con il Piemonte in testa a quota 105. A servirsene sono stati 8,3 milioni di italiani e 16 mila imprenditori agricoli, con un aumento dei giorni di apertura che sfiora il 150 per cento e un fatturato totale di 320 milioni di euro.
Gli agricoltori italiani, tra provocazioni e strategie anticrisi
Anche in Italia, tuttavia, queste iniziative hanno dato sfogo ad una difficoltà più ampia del settore agricolo: quella legata alla caduta dei prezzi, che ha spinto anche quest’estate ad iniziative provocatorie come la distribuzione gratuita di frutta e verdura in piazze e spiagge italiane allo slogan “meglio regalarla che svenderla”. O, peggio, lasciarla marcire nei campi, come è accaduto a 2 milioni di quintali di angurie nel Salento. Gli ultimi dati Ismea e Istat evidenziano un calo del 29 per cento nel prezzo pagato all’origine, ma un aumento dell’1,6 sugli scaffali del supermercato: il caso più eclatante è quello della lattuga, che lievita da 0,23 a 1,50 euro al chilo; ma non sono da meno le pesche, che da 30 centesimi passano a quasi 2 euro. «La vendita diretta – affermano dall’ufficio stampa di Coldiretti –, partita in azienda e poi allargata alle piazze, sta diventando sempre di più il modo per farsi conoscere ed affrontare questo problema». Sono circa 60 mila, ormai, gli imprenditori che hanno intrapreso questa strada, «cercando sempre nuovi modi, luoghi e canali per proporsi. E il riscontro è buono». Tanto che, secondo le stime di Campagna Amica, i punti vendita sarebbero ormai saliti ad 800.
Indubbiamente c’è una motivazione economica, e non solo per il produttore. Secondo i dati elaborati da Nomisma, su 100 euro di spesa alimentare in Italia il trasporto si porta via 5 euro e 70, le spese promozionali 5, e il packaging ben 8 euro e 50: comprando prodotti a km 0, sfusi e non pubblicizzati, dunque, avremmo tagliato quasi 20 euro di costi. Non sarà molto, ma in tempi di crisi non si butta via niente. Però nel Bel Paese, che vanta una tradizione enogastronomica famosa in tutto il mondo, c’è ben di più: secondo un sondaggio condotto da Coldiretti, il 60 per cento di chi è andato in vacanza ha scelto un goloso prodotto tipico come souvenir, e secondo un’indagine Swg la buona tavola è un ingrediente fondamentale nel successo delle ferie per il 35 per cento degli italiani. Dati che fanno pensare che l’interesse per il cibo sano e genuino, nonché la fiducia nell’agricoltore e nel suo aver davvero coltivato ad arte il suo prodotto, non è soltanto una questione di prezzo – peraltro, fa notare Confcommercio, non sempre e necessariamente più basso –: tanto che su internet si trovano facilmente motori di ricerca che consentono di trovare il farmer’s market più vicino a casa propria, come www.mercatidelcontadino.it. Anche se l’estate, stagione di frutta e verdura per eccellenza, è ormai alla fine, non è troppo tardi per approfittarne.