Il bisogno di poli
Il polo è una componente essenziale dell’Economia di Comunione: senza i poli, non è sé stessa. Quando Chiara Lubich ha immaginato e lanciato l’Economia di Comunione, l’ha vista, in quella fine di maggio 1991, localizzata in poli produttivi nei pressi delle cittadelle del Movimento dei focolari . La normalità dell’Economia di Comunione è quindi il suo prender forma e svilupparsi nei poli che completano la cittadella. Quindi il polo è nel Dna stesso di questo progetto. Finché in una nazione non nasce un relativo polo, il movimento dell’Economia di Comunione non ha ancora raggiunto la sua normalità. Ma perché il polo è così importante nell’economia dell’Economia di Comunione? Innanzitutto ci dice che la nuova economia che sta nascendo dal carisma dell’unità va vista dentro una città nuova. L’economia di comunione non è né contro né fuori la dinamica civile, ma ne è parte integrante. Come l’Economia di Comunione non è completa senza i poli, così le cittadelle non sono complete senza il polo, perché dire vita civile è anche dire da subito vita economica. Ecco perché il polo, sebbene sia distinto dalla cittadella, non è una zona industriale da tenere lontana per timore che le relazioni economiche contaminino la convivenza civile. Il polo è invece un pezzo di città, è amico della città. In secondo luogo, il polo è essenziale perché esprime una economia popolare e fraterna. Il proprietario del polo è una comunità (in Italia oltre seimila), che crede e sente suo questo nuovo modo di fare economia. Non abbiamo il grande filantropo o imprenditore umanitario che dà vita ad una economia sociale, ma un popolo composto da lavoratori, studenti, casalinghe, pensionati… che esprime la propria visione della vita anche rischiando i propri risparmi e il proprio tempo per una economia più giusta e solidale: uno slogan con cui Chiara accompagnò il lancio dell’Economia di Comunione fu in effetti così formulato: Siamo poveri ma tanti. Infine il polo, una volta nato, diventa il cuore pulsante dell’intero movimento dell’Economia di Comunione: le imprese ad esso collegate, gli studiosi, i tanti cittadini che credono in questo nuovo stile di agire economico, insieme a tutti coloro che si impegnano per una economia più civile e umana, una economia che mostri un modello di società senza bisognosi. Per questa ragione sentiamo che l’espressione polo industriale o polo imprenditoriale non dice tutto dell’Economia di Comunione: i suoi attori non sono solo gli industriali o gli imprenditori, ma è una comunità aperta che intraprende una sfida che va ben al di là della sola dimensione d’impresa. Per queste ragioni, quando in una nazione nasce il polo, la realtà dell’Economia di Comunione fa un salto, giunge a maturità, va a regime, e possiamo davvero iniziare a intravedere una speranza concreta per la nostra economia e la nostra società.