Il bene umano
L’Economia di Comunione è stata l’occasione e la via che mi hanno fatto incontrare Chiara quasi quindici anni fa. Quell’incontro ha posto le basi di una amicizia profonda e feconda. Già tanto si è detto e si è scritto su Chiara, sul suo carisma, il suo pensiero e la sua opera. Se, pur in stato di intensa commozione, ho deciso di aggiungere qualche riga alla già ampia letteratura intorno a questa figura umana veramente privilegiata, è per dire, molto in breve, di quei tratti caratteristici della sua personalità fuori dall’ordinario che più mi sono rimasti impressi. La prima è la sensibilità come dichiarazione di fiducia nella vita. Chi è sensibile è attento, riverente verso l’altro, pronto a vedere, interessato a scoprire. Chiara ha voluto elevare la sensibilità a principio di metodo del movimento da lei fondato. L’attenzione tutta particolare dei focolarini alla cura del bello come via per il recupero e del vero e del bene ne è segno eloquente. Chiara ha fatto sua, traducendola in opere, la celebre affermazione di Hans von Balthasar: In un mondo senza bellezza… anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione… In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza. Proprio perché persuasa che solo ciò che è bello attira l’amore, Chiara ha dedicato grandi energie per porre in guardia da uno dei rischi più insidiosi della nostra civiltà, ossia che il bello venga ridotto a bene di consumo cui chiedere una fruibilità immediata. La filocalia di Chiara non è frutto di un vago senso estetico, ma espressione della presa d’atto che la bruttezza delle città e dei luoghi di vita tende a generare anche brutture morali. Mi spiego così lo spazio e le attenzioni riservate, entro il movimento, alle varie espressioni artistiche, da quelle musicali a quelle teatrali, da quelle pittoriche a quelle letterarie. Di un secondo tratto caratteristico desidero qui dire: l’attenzione crescente nei confronti del pensiero e, più in generale, della cultura. Chiara ci ha mostrato cosa significhi, nel concreto, promuovere cultura. La quale è come un albero, che deve crescere. Ammoniva Thomas Eliot che non si può costruire un albero; lo si può piantare e attendere che germogli nel tempo dovuto. Si può però favorirne e accelerarne la crescita. La nascita prossima del polo universitario Sophia di Loppiano è solo l’ultima delle sue inimmaginabili realizzazioni. Il fatto è che Chiara aveva compreso, sin dall’inizio del suo cammino di fede, che è la conoscenza a fondare l’amore: l’amore che nasce dal bisogno è gracile; l’amore che nasce dalla conoscenza è sovrabbondante. In larghi strati della coscienza contemporanea Dio non viene né affermato né negato, ma epochizzato, nel senso che la domanda intorno a lui non suscita interesse, né culturale, né emozionale. Dio potrebbe anche esistere, ma non interessa. È contro questa sorta di torpore spirituale che la parola e l’azione di Chiara sono state particolarmente efficaci, soprattutto al livello del dialogo economico. Infine, la lotta paziente ma indefessa contro la pseudo-cultura della catastrofe e del piagnisteo è l’altra cifra del messaggio e dell’eredità di Chiara. Aveva ben capito, Chiara, che per quanto malvagio, l’uomo non è capace di male assoluto. E dunque che non ha senso cedere alla disperante conclusione kafkiana, secondo cui esiste un punto d’arrivo, ma nessuna via. Per i focolarini la via c’è ed è quella di portare nell’agorà, in aggiunta ai temi della giustizia e della libertà, quello della fraternità e di portare nella sfera dell’economico la categoria della reciprocità come gratuità. Invero, se il proprium della politica è il prendersi cura del bene umano, allora il suo fondamento va cercato nell’idea dello stare con. D’altro canto, se il senso ultimo dell’economia è quello di predisporre le condizioni per rendere felicitante, cioè umana, la vita, allora per poter cogliere l’identità profonda dell’agire economico occorre collocarsi nella prospettiva della persona che agisce e non in quella neutra della terza persona – come fa il giusnaturalismo – oppure in quella dello spettatore imparziale – come fanno le plurime versioni del contrattualismo. Il Movimento politico per l’unità e l’Economia di Comunione sono i frutti maturi dell’originario slancio vitale di Chiara. Alla quale mai è bastata la carità come philia, che pure non ha disdegnato. Il grande contributo di Chiara alla cultura della post-modernità è stato quello di restituire la carità come agape alla sfera pubblica, dopo che la modernità l’aveva rinchiusa entro la sfera del privato. Mi piace terminare con l’epigramma che Goethe mette sulle labbra degli angeli mentre strappano l’anima di Faust morente alle grinfie del demonio: Quegli che costantemente si sforza di avanzare, quegli è colui che possiamo salvare. Chiara sempre e costantemente si è adoperata di avanzare ed ora è tra i beati. Sia dunque lode a lei e alla sua testimonianza di vita, perché altre ne generi in chi ne ripercorre le tracce.