Il bambino che… brucia

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“Giovanni ha 15 mesi. Questa notte ha iniziato ad essere agitato, si lamentava nel sonno. Gli ho poggiato una mano sulla fronte e… bruciava! Aveva la febbre alta. Non gli era mai successo. Mi sono immaginata tutte le malattie più terribili…”. La febbre, un evento frequente e comune a tutti i bambini, è tra le principali cause di apprensione per i genitori. Ne sa qualcosa la signora Marisa cui è successo l’episodio raccontato. Sapere affrontare al meglio questa emergenza domestica è parte integrante del difficile mestiere di genitore. Cerchiamo allora di capire cos’è la febbre e come rendere positiva ed efficace anche questa esperienza. La febbre e il bambino La febbre non è una malattia. È una reazione di difesa dell’organismo ad agenti infettivi, siano essi virus o batteri, quindi non è di per sé negativa. Nell’organismo umano la temperatura è stabile intorno ai 37 gradi. Un meraviglioso orologio biologico, situato in una parte del cervello chiamata ipotalamo, tende a mantenere questa temperatura costante, attivando le reazioni affinché ciò avvenga: il sentire caldo, la sudorazione, l’avere la “pelle d’oca”, il “tremare per il freddo” sono le comuni esperienze dell’adattamento dell’organismo alla temperatura ambientale, affinché non vari la temperatura corporea. Quando i virus o i batteri aggrediscono l’organismo, il termostato sposta la lancetta verso l’alto. Si parla di febbre se la temperatura è maggiore di 38°C (se misurata per via rettale) o di 37,4° (se misurata per via ascellare). Diversa cosa sono i lievi rialzi termici che si possono avere dopo il bagnetto, dopo pasti caldi, al risveglio o dopo l’esposizione prolungata al sole o al caldo umido. La febbre è in effetti utile perché accelera le reazioni delle difese immunitarie dell’organismo, quindi aiuta la guarigione. Allora perché è pratica comune combatterla? Perché quando la febbre è elevata il bambino il più delle volte è sofferente, agitato. In questo caso dobbiamo sapere le poche cose da fare per essere sicuri che la situazione non ci sfugga di mano. Prima di tutto spostare l’attenzione sul bambino, non sul sintomo isolato, sia esso la febbre o il vomito o la tosse o quant’altro. Capire la febbre Dopo aver misurato la temperatura utilizzando preferibilmente il tradizionale termometro a mercurio che, anche se un po’ più lento dei moderni termometri auricolari o elettronici, rimane il più preciso e affidabile, dobbiamo porre attenzione agli altri sintomi: se piange sempre, se si lamenta, se ha catarro e naso chiuso, tosse, vomito, diarrea, difficoltà respiratorie, macchie sulla pelle, ecc… Il pediatra ci chiederà queste informazioni se, incerti su cosa fare, decideremo di consultarlo. Se il bimbo ha meno di tre mesi e la febbre supera i 40°C, e comunque se le condizioni generali appaiono compromesse o il bambino ha difficoltà respiratorie, allora bisogna consultare con urgenza il sanitario. Se invece la febbre compare in un bambi- no di più di 6 mesi, con discrete condizioni generali, banalmente raffreddato o con modesta tosse catarrale, allora la cosa più opportuna è adottare dei semplici accorgimenti terapeutici, aspettando con tranquillità che siano trascorse 48 ore di febbre prima di consultare il pediatra. È inoltre cosa normale essere inappetenti quando si ha un episodio febbrile: è l’organismo che cerca di fare arrivare pochi zuccheri ai batteri in modo da non favorirne la moltiplicazione! Trattare la febbre: cosa fare È esperienza comune la richiesta del piccolo di bere frequentemente. In effetti l’idratazione, cioè assumere tutti i liquidi di cui l’organismo ha bisogno, è uno dei più importanti accorgimenti terapeutici da adottare. Incoraggiamolo a bere, casomai proponendogli, oltre all’acqua, delle bevande di uso comune, modestamente arricchite di zuccheri, sali minerali e vitamine, che svolgono una positiva azione di contrasto alla comparsa del noto “acetone” (l’alito del bambino che diviene spiccatamente acidulo ). Se la febbre supera i 38- 38,5°C, se il bambino è comunque disturbato, il farmaco più sicuro e sperimentato in pediatria è il paracetamolo. Anche il meno diffuso ibuprofene è sufficientemente efficace e sicuro. Trattare la febbre: cosa non fare I molti altri antinfiammatori di comune utilizzo nell’adulto, in pediatria sono meno sperimentati e meno sicuri del paracetamolo e dell’ibuprofene e non sono da preferire, mentre l’aspirina non deve essere mai data ai bambini sotto i 12 anni perché può essere responsabile di rare ma gravi complicanze. Le spugnature, i bagni freddi e accorgimenti simili, comportano al piccolo disagio e non servono a nulla: se facciamo scendere dall’esterno la temperatura, l’organismo reagirà con brividi di freddo per riportarla a quei valori che il termostato presente nel cervello avrà dato l’ordine di mantenere. L’antibiotico non combatte la febbre direttamente, ma uccide i batteri, se sono loro i responsabili. Il problema è che 3-4 volte su cinque la febbre nel bambino è di origine virale, non batterica! È quindi inutile e può essere assai dannoso dare l’ antibiotico alla prima comparsa della febbre. Esso va utilizzato solo su diretto consiglio del pediatra. La febbre e le sue paure Al contrario di quanto si pensa, il bambino febbricitante può uscire, ovviamente ben coperto e per andare in un ambiente riscaldato quale lo studio del pediatra per farlo visitare o la casa dei nonni per permettere ai genitori di andare al lavoro. Il timore che le condizioni atmosferiche possano compromettere il suo stato di salute, con la conseguente segregazione in casa di tutta la famiglia, è assolutamente infondato. Il bambino con la febbre che si alza per andare a giocare molto spesso deve subire l’ingiusto richiamo dei genitori preoccupati: fatelo giocare quanto e come vuole, non potrà che averne giovamento, state tranquilli! Le convulsioni febbrili sono una paura diffusa. Può tranquillizzare il sapere che pure essendo diffusissime (1 bambino su 20), quando non sono la spia di altri problemi neurologici sono praticamente sempre senza conseguenze. La febbre, una opportunità Se riusciamo a non rimanere imprigionati nell’ansia e nella paura, se comprendiamo e affrontiamo con efficacia ma con serenità la febbre del bambino, questa può divenire un’importante opportunità di arricchimento per noi e per il piccolo. Proviamo ad andare indietro con la mente alla nostra infanzia. Molti di noi ricordano con una certa nostalgia i momenti in cui sono rimasti a casa ammalati: si diventava i protagonisti, si conquistava il centro dell’attenzione, coccolati e vezzeggiati da tutti. Nel ricordo quel malanno ha lasciato una traccia positiva. È così: la febbre può divenire un’occasione per interrompere i ritmi di lavoro e dedicarci per intero al figlio, imparando ad ascoltare le sue sensazioni e suoi messaggi, e trasmettere al bimbo il nostro amore anche rimanendo in silenzio o tenendogli la mano o reimparando a raccontargli le quasi dimenticate favole. Se servisse, capirà che gli vogliamo bene.

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