Il bacio della nonna

Età di sapienza e di dolcezza, di fruttuoso raccolto, di luminoso tramonto. Nel suo libro Con occhi diversi, arte e relazioni umane Michela Dall'Aglio Maramotti ci offre uno sguardo nuovo sulla vecchiaia
il bacio della nonna

“Non è il numero degli anni che fa sentire vecchi, quanto la diminuzione delle forze e la perdita di molte relazioni”[1]: la vecchiaia non è una questione esclusivamente anagrafica, ne sono stati fissati i termini più volte e altrettante volte sono stati spostati – così per qualcuno siamo vecchi dopo i sessant’anni, per altri dopo i sessantacinque. Ma tutti siamo d’accordo sul fatto che si può invecchiare molto presto, oppure molto tardi, dipende. Ecco il punto: dipende. Ma da cosa?

Al di là di ciò che il patrimonio genetico ci riserva (e questo vale per qualsiasi momento della nostra vita) e al di là degli accidenti che la sorte ha in serbo per noi (e che ci possono capitare ad ogni età), la qualità della vecchiaia – come quella di tutta la nostra vita – dipende da noi, dal genere di persone che siamo, dal nostro carattere e da tutto ciò che grazie a lui (o per colpa sua) siamo diventati col trascorrere degli anni. Eraclito dice che “il destino dell’uomo è il suo carattere”: questa affermazione vale anche, e soprattutto, per la vecchiaia.

Questa convinzione circa l’importanza del carattere ha ispirato un saggio dedicato alla vecchiaia dal titolo significativo: La forza del carattere[2]. In questo scritto il filosofo e psicologo James Hillman si chiede: perché invecchiamo? Quale esigenza della natura è alla base del nostro vivere tanto a lungo, una volta passato il momento in cui non siamo più adatti alla riproduzione, che è necessaria, da un punto di vista brutalmente biologico, a “mantenere” la specie? Che scopo ha la vecchiaia, che porta al disfacimento del corpo?

Hillman pensa che la vecchiaia sia un’avventura dello spirito, una stagione della vita cruciale, poiché è in questa età che dobbiamo affrontare l’ultima sfida – la più importante – e dimostrare di che stoffa siamo fatti. Il modo in cui vivremo questi anni darà forma alla nostra immagine finale, che resterà nella memoria di quelli che ci avranno conosciuto e ci sopravvivranno; la responsabilità insostituibile dell’essere anziani è quella di trasmettere un esempio, di lasciare un ricordo che sia il migliore possibile.

Una scultura dell’artista francese Jean Dampt, (1854-1945) intitolata Il bacio della nonna, rende bene questa visione della vecchiaia: in essa vediamo una donna anziana, dai tratti fini ed eleganti, che tiene in braccio un neonato sorridente e ignaro di tutto se non del piacere rassicurante dell’abbraccio della nonna, che lo stringe delicatamente a sé. È bella questa nonna, con il collo lungo e slanciato su cui posa un orecchio ben disegnato e le guance scavate percorse da rughe sottili, più evidenti attorno alle labbra arricciate nel bacio; il naso diritto le conferisce una grazia austera, eppure dolce, gentile e tutto in lei parla di una vecchiaia vissuta con garbo e dignità. I frutti incisi nella base di legno su cui posa il busto sembrano essere un richiamo simbolico alla sua vita fruttuosa, oltre che un saggio ammirevole della rinomata capacità d’ebanista dell’artista.

Il bambino sorride beato, è molto piccolo e forse non avrà la possibilità di conoscere e ricordare la nonna, ma comunque conserverà una memoria del benessere, della sicurezza trasmessa da questo abbraccio; questa esperienza d’amore formerà il suo carattere, facendone un adulto migliore.

Benché ci sorprenda sempre, invecchiare non capita all’improvviso e “una buona e serena vecchiaia non viene da sé, non è un frutto spontaneo”, come afferma Anselm Grun[3], esortandoci ad apprendere “l’arte di ben invecchiare” per realizzare quelle cose che solo in questa stagione della vita si possono fare: completare se stessi, lasciare un buon ricordo, essere d’esempio, educare e – per chi ha fede – obbedire all’esortazione paolina a pregare senza stancarsi mai. Gli anziani che pregano assomigliano a Mosè che tiene alzate le mani nel giorno della battaglia di Israele contro gli Amaleciti: se, vinto dalla stanchezza, le abbassava, gli Israeliti perdevano, allora le rialzava ed essi vincevano di nuovo[4]. Come Mosè, gli anziani intercedono per i giovani; anche per questo nella Bibbia la vecchiaia è preziosa e benedetta.

Ci sono anziani che è una vera fortuna conoscere; la loro vecchiaia è una benedizione anche per noi perché la vivono come dono, opportunità e compito spirituale, “nell’approfondimento di sé e in una parallela apertura all’esterno, al mondo e agli altri…”.[5]

[…]

Se scavo nella memoria, trovo molte persone così: ricordo un distinto vicino di casa che, seduto in cortile a fumare la pipa con panciotto e cappello, sorrideva sotto i grandi baffi guardando giocare i bambini della via e proteggendoli con la sua sola presenza; e, ancora, una vecchia zia impegnata a pregare per buona parte del giorno, per sentirsi vicina e utile ai suoi tanti nipoti nei loro molti impegni.

Si può pensare che persone così siano eccezionali, ma io non lo credo. Mi sembrano piuttosto conferme, reali e consolanti, di ciò che pensano sulla vecchiaia persone come Enzo Bianchi, che la ritiene un “cammino aperto davanti”[6] per chi sa essere generoso di sé e sa guardare alla vita come grazia e responsabilità; o come Herman Hesse, che attribuisce agli anziani un compito che rasenta il sublime: donare se stessi; e, infine, come il teologo Romano Guardini, capace di dire, con franchezza, che c’è un modo giusto e uno sbagliato di invecchiare: con saggezza o senza.

C’è senza dubbio una strada, su cui percorrere i nostri ultimi anni, che non sia quella di un grottesco scimmiottamento della giovinezza o di un amaro rinchiudersi nei rimpianti; si può pensare e accogliere la vecchiaia come un tempo che è certamente di fragilità, ma anche di libertà, di saggezza e soprattutto di amore, come “un tramonto che può essere un’ora bella”[7] .

Di questo invecchiare giusto e saggio è immagine la nonna scolpita da Dampt, dolce e rassicurante, appena velata da un’ombra di malinconia, perché lei sa che il distacco non può essere lontano e che il suo bacio sarà presto un bacio d’addio.

Michela Dall'Aglio Maramotti, Con occhi diversi, arte e relazioni umane (Città Nuova).

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[1]
Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, cit., p. 112.

[2]James Hillman, La forza del carattere, Adelphi, Milano, 2000.

[3]Anselm Grün, La grande arte di invecchiare, San Paolo, Milano, 2009, p. 35.

[4] Es 17, 8-16.

[5]Luciano Manicardi, L’umano soffrire, Qiqajon, Comunità di Bose, 2006, p. 110.

[6]Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, cit., p.115.

[7]Ibid., p. 118.

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