Il 2025 è l’anno internazionale dei ghiacciai

I ghiacciai sono in serio pericolo e rischiano di scomparire. Secondo uno studio scientifico, negli ultimi 50 anni l’area glaciale italiana si è ridotta di circa il 30%.
I ghiacciai italiani nel 2024 hanno continuato a ritirarsi: Alpi e ghiacciai alpini sempre più sottili e quasi tutti in forte arretramento, con impatti su ecosistemi e biodiversità. Foto: ANSA/ UFFICIO STAMPA LEGAMBIENTE

I ghiacciai dicono molto del pianeta, soprattutto del suo clima. Ma dicono anche dell’uomo, la cui vita, in molti casi, dipende dai servizi ecosistemici fornita dai ghiacci: acqua dolce, energia idroelettrica pulita e sostenibile, bellezze incontaminate che richiamano un’economia turistica in territori che altrimenti sarebbero assai poveri.

Nonostante tutto e nonostante siano anche a patrimonio dell’Unesco, i ghiacciai sono in serio pericolo e rischiano di scomparire abbastanza velocemente. Secondo uno studio realizzato dai ricercatori della gallese Aberystwyth University, in collaborazione con l’International Centre for Theoretical Physics (Ictp) di Trieste, pubblicato dalla rivista scientifica Climate Dynamic, entro il 2100 la maggior parte dei ghiacciai alpini potrebbe scomparire. Ma non solo loro, anche gli altri presenti sul pianeta.

Per questa ragione l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2025 “Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai” e il 21 marzo “Giornata mondiale dei ghiacciai”. È necessario mantenere alta l’attenzione su di essi.

Nel mondo i ghiacciai sono più di 200 mila, coprono il 10% della superficie terrestre emersa e contengono il 75% di acqua dolce del pianeta. Per la loro sensibilità alle variazioni climatiche sono considerati indicatori privilegiati dei cambiamenti in atto, ragion per cui sono osservati speciali.

La storia che raccontano, purtroppo, non sembra avere un finale positivo. Il rapporto Unesco, “World Heritage Glaciers: Sentinels of climate change”, presentato a novembre 2022, in occasione della COP27, analizzando, con dati satellitari, la situazione dei 18.600 ghiacciai presenti in 50 siti Patrimonio dell’umanità ha evidenziato ovunque uno stato di sofferenza. Tra il 2000 e io 2020 tutti i ghiacciai studiati hanno perso più ghiaccio di quello guadagnato.

Ogni anno 58 miliardi di tonnellate di ghiaccio si trasformano in acqua e contribuiscono all’innalzamento del livello del mare. Già nel 2019 un team internazionale di glaciologi guidato dal Politecnico federale di Zurigo e dall’Istituto federale per lo studio della foresta, della neve e del paesaggio, utilizzando alcuni modelli di calcolo, aveva stimato, rispetto a precedenti valutazioni, una riduzione del 18% del volume dei ghiacci continentali, con esclusione, quindi, del ghiaccio marino e delle calotte polari della Groenlandia e dell’Antartide. «Il tasso di perdita più alto – ha osservato la meteorologa spagnola, Yurima Celdrán – si registra nelle aree glaciali più piccole, quelle che hanno una superficie inferiore a 10 chilometri quadrati e sono più sensibili ai cambiamenti climatici».

Il “Nuovo catasto dei ghiacciai italiani”, realizzato dal Gruppo di ricerca glaciologia dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con altri soggetti privati, aggiornato al 2016, dice che «sul versante italiano delle Alpi si localizza poco più di un quinto dell’intero glacialismo alpino».

Il gruppo di ricerca ha censito 903 ghiacciai, 107 in Piemonte, 192 in Valle d’Aosta, 230 in Lombardia, 115 in Trentino, 212 in Alto Adige, 38 in Veneto, 7 in Friuli, 2 in Abruzzo. Essi occupano una superficie totale di poco più di 368 chilometri quadrati. La regione più glacializzata è la Valle d’Aosta con il 36,10% della superficie glaciale italiana, seguita da Lombardia con il 23,82 e Alto Adige con il 22,98.

Nell’ultimo mezzo secolo, nonostante il numero dei ghiacciai sia aumentato, «l’area totale – osservano gli autori del “Nuovo catasto” – si è ridotta di circa il 30%, passando dai 526,88 chilometri quadrati del catasto precedente agli attuali 368,10». Tranne i ghiacciai dei Forni, dell’Adamello e del Miage, tutti gli altri hanno una superficie inferiore ai 10 chilometri quadrati, quindi più esposti alla dissoluzione. Infatti, secondo i glaciologi dell’Università di Milano, mostrano «maggiore variabilità delle variazioni, mentre i ghiacciai maggiori presentano variazioni via via meno intense». Insomma, più piccoli sono i ghiacciai e più è alto il rischio di scomparsa.

La “Carovana dei ghiacciai“, la campagna internazionale promossa da Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con il supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano, giunta alla quinta edizione, ha osservato 12 ghiacciai, 10 in Italia e due all’estero, e ha notato che «dopo gli anni critici del 2022 e del 2023, segnati da gravi perdite di massa glaciale non solo sul versante meridionale dell’Arco Alpino, il 2024 non ha purtroppo portato il miglioramento sperato. Le elevate temperature registrate in agosto hanno annullato i benefici dell’abbondante neve primaverile: sui piccoli ghiacciai a quote più basse o nei settori sotto i 3000 metri, la neve è rapidamente scomparsa, lasciando tracce solo alle altitudini maggiori».

La fusione ha intaccato anche il ghiaccio, sebbene non nello stesso modo del 2022 e del 2023. Pur essendo stato scongiurato un nuovo disastro, il giudizio dei ricercatori permane mediamente negativo. Necessitano interventi veloci per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, ma i dibattiti di questi giorni a livello europeo e l’insediamento di Trump alla presidenza degli Usa non lasciano ben sperare.

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