I volti nuovi del concistoro

Sono pochi i nuovi cardinali creati da Benedetto XVI e tra questi non c'è nessun europeo. Alla scoperta dei due porporati più giovani

Quello annunciato nel corso del Sinodo sulla Nuova evangelizzazione è uno dei concistori meno codificati e scontati degli ultimi papati. Pochi i prescelti alla porpora, nessun europeo e una significativa presenza di rappresentanti di Chiese che sono l’oggi e, soprattutto, il domani del cristianesimo: America Latina, Africa ed Asia. Ulteriore aspetto interessante è la presenza di due cinquantenni: l’arcivescovo di Manila, Antonio Tagle (nella foto), e quello di Trivandrum, Baselios Cleemis Thottunkal, che saranno i più giovani del collegio cardinalizio. Ma altri elementi ancora aprono prospettive interessanti.
 
Il nuovo cardinale filippino, in particolare, nonostante la giovane età, ha già acquisito una grande popolarità sia nel suo Paese che in tutta l'Asia. Interviene regolarmente in televisione nelle puntate settimanali di "The word exposed", la trasmissione televisiva in cui commenta le letture della domenica, e ha un suo profilo su Facebook, gestito dal settore comunicazione dei gesuiti di Manila. Nel corso degli anni ha mostrato un proprio stile di evangelizzatore, che sa coniugare tradizione e innovazione, sapendo sfruttare al meglio le sue doti di comunicatore, sia pure umile e semplice, ma anche le potenzialità dei media. In Asia, il suo intervento al Congresso missionario panasiatico di Chiang Mai, nell’ottobre del 2006, rimane un punto di riferimento sia teologico che pastorale. In quell’occasione, ai mille rappresentanti della cristianità in Asia, Tagle introdusse una delle riflessioni all’argomento del congresso – come presentare la storia di Gesù alla gente del grande continente – mostrando una grande capacità di contestualizzare la vicenda di Cristo e la sua storia umano-divina nel contesto di un mondo dove i cristiani sono solo il due per cento. Il giovane vescovo, tuttavia, ha saputo anche prendere posizioni precise su questioni di morale, come nella recente questione che si sta dibattendo nell’arcipelago filippino sulla cosiddetta "RH Bill", la legge sulla salute riproduttiva sostenuta dal presidente Aquino, che mira a promuovere contraccezione e aborto per fermare la crescita demografica.
 
La scelta, invece, di Basileos Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei siro-malankaresi, in India, è significativa per la storia di questa Chiesa, che risale alla tradizione di san Tommaso, ma che ha assunto una sua valenza negli ultimi settant’anni. Questa parte di cristianità, dopo i dolorosi eventi del XVI e XVII secolo inerenti alla colonizzazione portoghese, che portò alla latinizzazione della Chiesa di tradizione caldea, rimase a lungo separata da Roma e legata al patriarcato siro-ortodosso di Antiochia. Sotto la spinta carismatica dell’arcivescovo Mar Ivanios e di altri due sacerdoti e un laico che il 20 settembre 1930 ritornarono alla piena comunione con Roma, iniziò un lungo cammino, caratterizzato da un imprevisto sviluppo di questa comunità. Vi hanno contribuito anche processi migratori dei suoi membri, sia all’interno dell’India, dove si contano cinque diocesi e due arcidiocesi, che negli Usa e in Canada, con una diocesi, e in varie parti dell’Europa. La presenza, quindi, di un suo pastore fra i cardinali significa un riconoscimento importante per una Chiesa antica e giovane allo stesso tempo, che ha saputo armonizzare la tradizione apostolica alle sfide dell’evangelizzazione del XX e XXI secolo. 
 
Infine, la presenza di John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo nigeriano di Abuja, non è importante solo per la complessa situazione in cui si trovano i cristiani nel Paese africano – sia per la guerriglia istigata dal Boko Haram che per altri tipi di scontri sanguinosi che, tuttavia, come più volte spiegato autorevolmente dal vescovo Ignatius Ayau Kaigama, hanno spesso radice sociale più che religiosa. La presenza del prelato nigeriano ha un suo significato soprattutto per il rapporto con le religioni tradizionali che caratterizzano l’Africa e non solo, basti pensare al loro ruolo in Centro e Sudamerica. A questo proposito vale la pena sottolineare quanto proprio Onaiyekan ha affermato nella sua relazione continentale al Sinodo dei vescovi del 2008.

«Il mio defunto padre, che fu uno dei primi ad abbracciare il cristianesimo nel nostro villaggio, intorno al 1920, mi spiegò che quando divenne cristiano, non dovette accettare un nuovo Dio, perché era lo stesso Olorun, l’Essere supremo yoruba, che aveva già conosciuto nella religione tradizionale. Egli edificò su questo la sua fede cristiana, con la grazia di Dio e la presenza dei missionari che predicavano il Vangelo. Dunque, perfino nel cosiddetto Continente nero, la luce dell’eterna Parola di Dio non è mai mancata».
 
Le scelte di Benedetto XVI per i nuovi cardinali accompagnano, quindi, la riflessione della Chiesa universale, impegnata a coniugare e armonizzare tradizione e attualità, nuova evangelizzazione e dialogo con fedi, culture tradizionali e con secolarismo contemporaneo, e a spingersi verso le nuove frontiere del primo secolo del nuovo millennio.

 

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