I voli dell’Ariosto a Tivoli

Nella splendida Villa D'Este, una mostra imperdibile che celebra i 500 anni della prima edizione dell'Orlando Furioso, visitabile fino al 30 ottobre
Villa D'Este a Tivoli foto di Sara Fornaro

Ecco una mostra incredibile e imperdibile. In primo luogo perché è collocata nelle sale decoratissime dai pittori del secondo ‘500 – Cesare Nebbia, Girolamo Muziano e tanti altri – con un fasto sacro e profano unico a Villa d’Este, alta sul colle di Tivoli, a guardare, con le sue fontane zampillanti, Roma immersa nella pianura. Una visione straordinaria, come è straordinario seguire le acque e le fonti lungo i giardini “all’italiana”- curatissimi – che han fatto scuola alle regge d’Europa: da Versailles in Francia a Potsdam a San Pietrobugo. Un luogo dell’aristocrazia dello spirito, della bellezza fine ed armoniosa, che lascia spazio alla fantasia e nello stesso tempo la riequilibria con l’ordine di viali, siepi, alberi e monumenti.

 

Il secondo motivo di una visita quassù è la rassegna che celebra i 500 anni della prima edizione – aprile 1516 – dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Ossia, una delle pietre miliari della letteratura italiana e mondiale, un best-seller che non conosce tramonto. Anzi, ed è ciò che la mostra racconta nelle diverse sale, è in piena attività. Gli imitatori antichi e recenti non si contano. Cosa è infatti il poema in musicali “ottave” del genio di Ferrara? Nato come continuazione dell’Orlando innamorato del Boiardo, incompiuto a fine ‘400, il lungo racconto ariostesco prevede che l’eroe medievale e cristiano, perda la testa per amore, anzi diventi folle e tocchi all’amico Astolfo recuperarne il senno sulla luna, in groppa all’Ippogrifo, il cavallo alato. Della serie: i duri e puri se s’innamorano diventano anch’essi pazzi. È un’ironia sorridente e buona quella del poeta che riempie tutto il racconto, un sorriso intelligente col gusto di prendere in giro gli antichi eroi cavallereschi e raccontarne – come un serial infinito a puntate (i vari canti) – le imprese, le guerre e “le donne”. Per le quali il mondo dei maschi diventa folle, anche perché esse – siano la volitiva e fuggente Angelica, o la star maga Alcina – sono abilissime a catturarne l’ardore.

 

In mezzo a questi amori che vanno e corrono, battaglie, furori, duelli e descrizioni di luoghi incantanti dove la fantasia ariostesca vola altissima, facendoci “vedere” con i versi luoghi meravigliosi, scene affascinanti, amori formidabili e distruzioni di massa. Vola la penna dell’Ariosto e non solo sul cavallo alato, ma sull’onda del sentimento, della passione per il racconto, dell’invenzione di sempre nuovi episodi l’uno che si incatena nell’altro. Risultato? La bellezza infinita del verso sonoro, della pittura nelle parole, della musica nel racconto. Si capisce che le diverse sezioni della mostra presentino l’influsso del poema fino ad oggi: dalle tele di Dosso Dossi e dalle maioliche con gli eroi, alle opere di Ingres e Redon, dalle tavole di Dorè alle immaginazioni di Henry Potter, di Dylan Dog e alle rivisitazioni  teatrali di Luca Ronconi e Pierluigi Pizzi. Cinema e musica – si pensi alla splendida Alcina di Haendel -, stampe e disegni, teatro e romanticismo pittorico dell’800 si sono sentiti attratti dal poema, dai suoi scenari fantastici, dalle imprese eroiche dei divi di arte, amore e guerra, dove convivono il buffo e l’epico, il religioso  e l’eroico, il sensuale e l’avventuroso. Un immenso film a episodi evocati dal verso.

 

Rivedere la prima edizione del poema – poi corretto sino al 1534 – è una emozione: si sente la stampa ancora fresca, e ci si delizia leggendo il primo verso: “Di donne e cavallier li antiqui amori/ le cortesie l’audaci imprese io canto”. Canta l’Ariosto nei versi chiari come una sorgente che scorre senza fine, come appunto le fontane di Villa d’Este, costruita da Ippolito II, cardinale e nipote di quell’Ippolito I a cui il poeta dedicò il suo capolavoro.

 

 I voli dell’Ariosto. L’Orlando furioso e le arti. Fino al 30 ottobre (catalogo Officina libraria).

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