I vetri di Diana
Un ragazzo vent’enne, Carlos, con una grave sindrome di down, in Honduras: basso di statura e vivace. Una diciottenne albanese, Diana, che vive in Italia. Il cancro non le oscura il sorriso luminoso. Due mondi lontanissimi separati dalla distanza, dalla malattia, dall’impossibilità di comunicare e conoscersi. Anello di congiunzione: Graziella Busato, operatrice socio-sanitaria che lavora in un hospice a Venezia. Tra loro tre scorre tutta la vita possibile. Fino alle ultime energie.
Il cammino e i progressi di Carlos sono sostenuti da un progetto di sostegno a distanza appena concluso. Ma Carlos ha ancora bisogno di aiuto, perché è figlio unico di genitori molto anziani che non riescono più a pagare la scuola specialistica di logopedia, causando una sensibile regressione nel linguaggio. E il non poter comunicare lo rinchiude ancor più in un guscio di isolamento e di emarginazione sociale.
Diana è una splendida diciottenne di oggi, innamorata della vita, della cura di sé stessa, dello shopping. Tre anni fa accusa un dolore a un ginocchio. Non si pensa a nulla di grave, ma ulteriori accertamenti evidenziano un carcinoma. Per due anni non comprende appieno la portata di quel male, ma nell’ultimo anno ne prende coscienza.
Un giorno Graziella, venuta a conoscenza della situazione di Diana, con la sua nipote Maria di 15 anni, decide di andare a trovarla. «Deve essere un momento di festa – complottano zia e nipote – e andiamo solo per farla felice». E così è stato: due ore intense di gioia. Incontrano una ragazza dalla vivacità incontenibile, bella come una modella. «Era tanto tempo – così la saluta la mamma di Diana – che non trascorrevamo un pomeriggio così sereno». Diana è in partenza per l’Albania e ha bisogno di una messa in piega per la sua lunga parrucca. I capelli li ha persi per le terapie a cui si è sottoposta. I cuori attorno a Diana continuano a moltiplicarsi e Rosa, una parrucchiera amica di Graziella, le sistema i capelli senza chiederle un compenso. Si lasciano con la speranza della guarigione, ma Diana è presto costretta a tornare in Italia per il peggioramento delle sue condizioni di salute. «All’aeroporto – racconta Graziella – la vedo pallidissima, sulla sedia a rotelle, dolorante». Trascorre un’estate tra casa e ricoveri, finché un medico amico di Graziella riesce a farla accogliere da un hospice di Mestre.
In ospedale Diana si annoia, guarda la tivù, trascorre il tempo in compagnia dei familiari. Graziella la va spesso a trovare, si chiede cosa possa fare per aiutarla a vivere bene e insieme, l’ultimo tratto della sua vita. Le viene in mente di telefonare all’ufficio di AFN, condividere con loro la situazione di Diana per il desiderio di fare qualcosa con lei. Le propongono di sostenere Carlos in Honduras. Graziella telefona subito a Diana e, «senza sapere di cosa si tratta, mi dice subito di sì». Dipin-geranno dei vasi di vetro per venderli e aiutare Carlos a proseguire le cure di cui necessita. La firma di Diana da apporre sui vasi sarà un cuoricino.
La generosità, si sa, ha le gambe lunghe e si mette in moto una catena di solidarietà che coinvolge amici, parenti, colleghi di lavoro, persino la proprietaria di un negozio. Vasi di ogni genere, forma, foggia, colori; ma anche bottiglie, contenitori di vetro arrivano nell’hospice. La stanza di Diana si trasforma in un laboratorio artistico e in un mese e mezzo dipingono decine di vasi multicolori.
È sabato 15 ottobre; Graziella passa da Diana prima di andare al lavoro. È sempre più debole, respira con l’ausilio dell’ossigeno. Decidono insieme la data, il 29 ottobre, in cui venderanno i vasi per Carlos. Il 17 ottobre, Diana, sostenuta dalla preghiera di tutta la comunità che era nata attorno a lei, muore serenamente. Secondo la tradizione albanese viene vestita da sposa.
La prima vendita dei vasi realizzata nell’hospice va molto bene e si ripete successivamente in diverse forme e luoghi. Si raggiunge una bella somma che Graziella invia subito ad AFN come donazione una tantum per Carlos che potrà così proseguire le cure. Diana ha superato i confini dello spazio, del tempo e della malattia. Per sempre.