I sogni di Yehoshua

Studioso e letterato famoso, ebreo sefardita, ateo, credeva nella famiglia, nell’amore e nella possibilità di trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese, perdonando il passato. La missione dell’Italia nel Mediterraneo, secondo la sua visione
Abraham Yehoshua (AP Photo/Luca Bruno)

Oggi nei pressi di Haifa c’è stato il funerale di Abraham Yehoshua. Lo scrittore israeliano morto ieri all’età di 85 anni. Yehoshua è l’autore di tanti libri famosi, fra tutti Il signor Mani e L’amante, con il suo celebre incipit «…e noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante».

È conosciutissimo al pubblico italiano non solo come letterato, ma anche per le sue idee a favore di una soluzione pacifica del conflitto arabo-israeliano. In Israele le sue riflessioni, sebbene lucide, non erano sempre amate dai connazionali perché a molti sembravano troppo sbilanciate dalla parte del “nemico”.

Yehoshua era nato a Gerusalemme nel 1936, apparteneva all’ebraismo sefardita. Da giovane aveva combattuto nella guerra arabo-israeliana del ‘56, quella della prima conquista del Sinai, sotto il comando del carismatico generale Moshe Dayan, con la sua indimenticabile benda sull’occhio. Terminato il servizio militare si era subito dedicato alla scrittura mentre studiava letteratura e filosofia. Insegnerà poi a Harvard, Princeton e in varie università. Vivrà per alcuni anni a Parigi.

Yehoshua credeva nella famiglia, nonostante i suoi problemi. Sapeva che il segreto è l’amore, e che l’amore ha la sua regola: «Se fai qualcosa, ma non la fai sapere a nessuno, è come se non avessi fatto niente». Sposato per oltre 50 anni con l’amata Rivka, di professione psicoanalista, i due ebbero tre figli e sette nipoti.

Da quando rimase vedovo nel 2016 si sentiva molto prostrato. Sapeva di essere gravemente ammalato, ma diceva di attendere la morte con serenità. Lui – sebbene grande conoscitore dell’ebraismo e molto sensibile al cristianesimo e in particolare alla figura di Gesù – era ateo e non credeva in una vita dopo la morte. Ma diceva: «La morte è molto importante. Un dono che facciamo ai nostri nipoti: lasciare loro spazio».

Insieme agli amici scrittori Amos Oz e David Grossman è intervenuto nel dibattito politico della sua terra martoriata e divisa. Ne conosceva a fondo la complessità, le tante problematiche che hanno profonde radici storiche. Ma diceva: «La troppa memoria si trasforma in una barriera». È bene dare importanza alla memoria, ma alle volte, sosteneva lui, ci va il coraggio di andare oltre e affrontare il presente con uno sguardo nuovo, “perdonando” il passato.

A lungo Yehoshua ha sostenuto la soluzione dei due stati, quello palestinese accanto a quello d’Israele. Ma, vedendo con sguardo realistico l’impossibilità di evacuare le comunità dei coloni israeliani dai territori oltre il confine del ‘67, sognava la creazione di un unico Stato binazionale, concedendo gradualmente diritti di cittadinanza agli arabi di Gerusalemme e poi della Cisgiordania.

Sognava anche una grande comunità mediterranea. Diceva: «Penso che l’Italia debba prendere un’iniziativa audace: creare l’identità mediterranea e il mercato comune mediterraneo. Naturalmente siete all’interno del mercato europeo. Ma ci sono anche Gran Bretagna, Francia, Germania, altri paesi forti. Dovete avere una vostra missione, dovete dire: noi siamo il centro del Mediterraneo». E vedeva la Sicilia capitale del Mediterraneo.

Riposa in pace, Abraham, grande uomo. Anche noi deponiamo un sassolino sulla tua tomba.

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