I sogni di mamma Elena
Elena Riva è tutto quello che si definisce un tornado di vita e di disponibilità. Nulla è scontato nella sua storia, peraltro all’apparenza normale, nulla è davvero prevedibile nel suo incontro. Nella cornice di una casa viva e vissuta, dove anche le pareti respirano e raccontano così costellate di foto: familiari, amici, eventi, viaggi… Elena spiega come per lei la vita prorompe, esige ed esplode. Da Vimercate, nel milanese, dove ha lasciato i suoi genitori ed il fratello Claudio, campione mondiale di sci nautico alle Paraolimpiadi, Elena è approdata in Veneto, dove ha sposato Nicola e ha continuato a coltivare e a realizzare con lui quei sogni, custoditi fin dalla prima giovinezza. Si definisce innanzitutto sposa e mamma felice a tempo super- pieno, e operatrice di assistenza domiciliare integrata nel distretto sanitario. Non che svolta da lei sia un’attività lavorativa normale. Ad ogni paziente dà un’attenzione efficace, capace di escamotage originali: perché limitarsi alle normali prassi di assistenza a domicilio? Per esempio fotografa il decorso di alcune patologie, per tenere aggiornato il medico in tempo reale sui progressi e le necessità dei pazienti. Elena ha trovato sulla sua strada alcuni punti fermi, oltre ai genitori. Le hanno insegnato a lottare e a non temere il sacrificio e hanno sollecitato il vulcano già in attività sotterranea… a mettere a frutto talenti particolari. La sete di condivisione e di accoglienza ha trovato poi in Nicola un complice affidabile e tenace. Così sono arrivati Matteo e Davide, di 12 e 11 anni, che poi insieme ai genitori hanno atteso la nascita di Piyali, che ora ha 5 anni e vive dal 2002 con loro. Con lo psicologo, durante gli accertamenti di idoneità della famiglia all’adozione, i bambini sono stati diretti e determinati: da qualche parte del mondo c’era una sorellina, che erano pronti ad accogliere… e che per favore non la facesse aspettare troppo! È la loro normalità. Si era detto che c’era bisogno di loro… Ed eccoli abbracciare i sogni di mamma e papà: è palpabile che in quella famiglia i bambini hanno dei sogni, perché i loro genitori, anziché rincorrere la freddezza del consumismo, li scaldano con progetti d’alta quota, li rinforzano con parole d’accoglienza, ne garantiscono una crescita serena. Una garanzia, come dice un carissimo amico educatore: i bambini non fuggono dalla casa dove ci sono dei sogni. All’International adoption la famiglia di Elena non ha chiesto un bambino particolare, si sono resi disponibili a quelli più abbando- nati: un figlio, dice lei, non lo scegli, ti viene donato. E il 6 maggio 2001 arriva quella che loro chiamano l’ ecografia di quella personcina amabile, traduzione dall’hindi di Piyali. Elena ne parla come se fossimo in un reparto di ostetricia. La prima ecografia per dei genitori in attesa suscita emozione e tenerezza indimenticabili . Gli stessi sentimenti hanno accompagnato quello che freddamente viene chiamato l’abbinamento fra loro e la bambina indiana di sette mesi, abbandonata in un orfanotrofio di New Delhi. Ecco allora approntare una culla, il clima familiare dell’attesa, e partire con il gelo invernale per l’India. Davide e Matteo all’epoca bimbetti, scambiano l’istituto per un parco giochi dove scorazzare in libertà e affinare abilità comunicative, pur senza parlarsi ufficialmente in nessuna lingua materna come sanno fare solo i bambini, perfettamente adeguati alla realtà appena scoperta. Elena, e si intuisce che sta parlando per tutti gli altri genitori adottivi, dice che è stato come vivere il travaglio del parto: ai dolori, alle terapie, al pianto del neonato si sono sostituiti l’attesa in orfanotrofio, i tentativi di approccio e di metacomunicazione, l’ansia e la mediazione delle tate indiane, per giungere finalmente al sorriso liberatore di Piyali, rivolto ai suoi nuovi fratellini! A quel punto si poteva tornare a casa, per ricominciare in cinque, con un frammento di cuore lasciato in India, negli occhi di tanti bambini in attesa. Altre adozioni hanno permesso loro di trovare una famiglia in Italia, e ogni volta che tornano genitori appena nati all’adozione trovano ad attenderli all’aeroporto un gruppo a far festa con striscioni e cartelloni celebrativi del momento: sono le coppie adottive, di cui Elena e Nicola fanno parte, unite in un’associazione candidata al riconoscimento onlus, dal nome a dir il vero simpaticamente sospetto. Mandibole allenate la dice lunga sulla genesi dei loro incontri, ma basta frugare nel web (www.mandiboleallenate. org) per avere il polso della proposta. Un bell’impegno per le coppie che la gestiscono, con la voglia di vivere la fraternità della loro scelta d’adozione e di ampliare il loro intervento creando collegamenti fra la realtà veneta e quella indiana. Questa scelta ha permesso di coinvolgere altri in iniziative, di sapore interculturale, di supporto della realtà missionaria, come la casa per ragazze di strada Barasat, in India. È in una di queste occasioni che Elena e Nicola sentono lanciare un appello: un medico indiano sta cercando aiuti specialistici per l’emergenza tsunami. Elena tentenna e snocciola alla sua coscienza la realtà familiare e lavorativa che porta sulle spalle. Però basta un cenno di Nicola ed è fatta: come sempre si sono intesi ed Elena parte per la regione di Tamilnadu. Un mese di aiuti prestati ai malati, tante le necessità a cui far fronte con i medicinali e l’ambulanza, molti i momenti speciali condivisi con altri volontari e religiosi nella tragica India ferita! Anche se solo in parte, Elena vede coronato un altro suo sogno. È vero, la sua realizzazione è battezzata per molto tempo da un gran batticuore per la famiglia lontana. La tranquillizzano Davide, Matteo e Piyali, al telefono: qui tutto ok, ci stiamo impegnando, non ti preoccupare. Come a dire siamo tutti nel sogno con te, come se fosse un motto di famiglia, dove l’amore e l’apertura genera complicità, tenerezza e pace. E la storia continua. Auguri, Elena!