I siriani che nessuno vuole e gli altri

Sono 12 milioni i siriani fuggiti dalla guerra iniziata nel 2011, 13 anni fa, e mai finita. I profughi sono 5 milioni e 7 milioni gli sfollati. I 4 milioni di siriani imbottigliati in Turchia non possono venire in Europa (l’Ue paga per farli rimanere), ma per molti turchi devono andarsene. Dove? Loro non vorrebbero tornare, anche quando sono costretti. Dopo la spartizione della Siria si spara magari un po’ meno, ma la situazione non è certo migliorata
Manifestazione durante il funerale di Abu Malik, ucciso durante le proteste contro la Turchia nel nord della Siria, che hanno seguito le rivolte di Kayseri. 2 luglio 2024. ANSA/ BILAL AL HAMMOUD

Tra fine giugno e inizio luglio ci sono state forti violenze contro i rifugiati siriani soprattutto nella Turchia centrale. Aljazeera parla di attacchi e incendi a negozi, case e auto di siriani. Si dice che a Kayseri un siriano abbia violentato una bambina (siriana) di 7 anni nel bagno pubblico di un mercato. Vero o no, la violenza xenofoba si è scatenata a partire dall’indignazione per questo fatto e da Kayseri si è estesa anche nelle province di Hatay, Gaziantep, Konya, Bursa e in alcuni quatieri di Istanbul. La polizia turca è intervenuta ed ha compiuto almeno 470 arresti. I manifestanti hanno chiesto a più riprese l’espulsione dalla Turchia dei rifugiati siriani.

Come risposta, molti cittadini siriani e milizie della zona nordovest (dove la Turchia occupa dal 2016 varie zone con migliaia di soldati e sostiene i ribelli anti regime di Bashar al Assad assediati a Idlib) hanno manifestato a sostegno dei rifugiati siriani in Turchia ed alcuni manifestanti armati hanno attaccato soldati turchi: ci sarebbero stati alcuni morti ad Afrin.

Il ministro dell’Interno turco, Ali Yerlikaya, ha condannato le violenze e il presidente Erdogan ha detto che «non si ottiene nulla alimentando pubblicamente la xenofobia e l’odio verso i rifugiati». Il presidente turco ha inoltre accusato l’opposizione e i curdi di aver fomentato le violenze. «Non soccomberemo all’odio, al fascismo e alle provocazioni» ha detto Erdogan, denunciando l’esistenza di un fantomatico “piano del caos” guidato da una regia occulta, che il governo si è impegnato a smascherare e rivelare.

Le tensioni tra abitanti turchi (soprattutto delle regioni centro-meridionali) e rifugiati siriani non sono una novità, ma negli ultimi tempi le conseguenze del terremoto del 6 febbraio 2023 unito all’inflazione della lira turca (rimasta per 7 mesi sopra il 10% su base mensile) e all’offerta di manodopera a basso costo da parte dei rifugiati siriani, hanno indotto una crescita esponenziale di nuovi poveri anche fra i turchi. E alla parallela crescita di insofferenza verso i rifugiati, fino alla xenofobia e alla violenza riesplose con forza negli ultimi tempi.

Già, ma quanti sono i rifugiati siriani in Turchia e come vivono? Secondo stime del 2022, solo in Turchia sarebbero circa 4 milioni. Ma la tragedia che va avanti da 13 anni è ben più ampia: secondo l’Onu, quella siriana «rimane la più grande crisi di sfollati al mondo, con oltre 12 milioni di siriani costretti ad allontanarsi forzatamente nella regione».

Con 5 milioni di profughi (4 in Turchia e un altro milione sparso in Paesi vicini: Giordania, Libano, Egitto, ecc.) e 7 milioni di sfollati interni. Le vittime dei 13 anni di conflitto sono ormai oltre 500 mila, ma ci sono anche 100 mila persone scomparse. Secondo Physician for human rights (Phr) «da marzo 2011 almeno 400 strutture mediche sono state prese di mira almeno 604 volte e 949 operatori sanitari sono stati uccisi. La stragrande maggioranza di queste violazioni – almeno il 90% – sono state perpetrate dal governo siriano e dai suoi alleati, compresa la Russia» e secondariamente anche l’Iran. In Siria quest’anno circa 17 milioni di persone avranno bisogno di assistenza internazionale per sopravvivere.

Ma c’è forse anche un altro motivo che ha scatenato i disordini anti-turchi nel nordovest siriano, non solo la solidarietà con i profughi che vivono in Turchia. Come sottolinea il quotidiano francofono libanese L’Orient le jour, Erdogan il 28 giugno ha dichiarato, dopo anni di opposizione al regime di Assad, di «non vedere alcun ostacolo per il ripristino delle relazioni con la Siria» e con il «signor Assad». Molti dei migranti e rifugiati siriani del nordovest sono ribelli anti-Assad che si sono opposti al regime con le armi. Con la “nuova” politica turca annunciata da Erdogan vedono affacciarsi lo spettro di una loro consegna al regime siriano.

La politica del “rimpatrio” dei siriani è una richiesta pressante da parte di molti turchi, come abbiamo visto. Una richiesta che il governo turco non può ignorare. Negli ultimi anni oltre al blocco della fuga verso l’Europa (che l’Ue finanzia con parecchi soldi), il governo turco ha cercato di “rimpatriare” una parte dei 4 milioni di profughi che stazionano in Turchia. Molti, si dice 670 mila, sono stati trasferiti nelle zone della Siria controllate dai militari turchi, o nella famosa enclave di Idlib, quella dei ribelli, dove sarebbero ormai 2,9 milioni i profughi siriani provenienti da varie parti della Siria e lì rifugiati. Secondo le fonti ufficiali i rimpatri operati dai turchi sarebbero tutti volontari. Secondo altri, per esempio secondo Human Rights Watch, sono stati 57 mila i rimpatriati con la forza nel solo 2023.

Insomma, dopo la spartizione della Siria (la costa ai russi, l’interno al regime, l’est ai curdi e il nord ai turchi e ai ribelli che proteggono) si spara magari un po’ meno (comunque sempre troppo), ma la situazione per la gente è tutt’altro che migliorata. Secondo i potenti di oggi le guerre non devono finire, perché la pace non è compresa nelle regole di ingaggio e non conviene. Fino a quando?

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