I segni del Giubileo sulla Roma dei cesari

Nuove prospettive storiche si aprono sulle clamorosa scoperta di archeologia d’emergenza che durante i lavori urbanistici per l’Anno Santo  ha portato alla luce una fullonica del II sec. d.C., una fistula plumbea e un loggiato imperiale. Ma ci troviamo di fronte a ritrovamenti casuali o ai segni del giubileo?
Fullonica e vasche II sec. d.C. © ministero della Cultura - Foto di Emanuele Antonio Minerva

A poco più di un mese dall’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, Roma è quasi pronta al 25° Giubileo universale della Chiesa cattolica e anche le nuove aree pedonali e soprattutto il “sottopasso archeologico” di piazza Pia sono in fase di completamento.

Infrastrutture urbanistiche quest’ultime che sono state previste per agevolare l’afflusso nella città eterna di oltre 30 milioni di “pellegrini di speranza”.

Per niente programmata, invece, è stata una straordinaria scoperta archeologica che, avvenuta sempre nel contesto storico dell’incipiente Anno Santo, sorprende e fa riflettere sulla storia stessa dell’umanità.

Archeologia d’emergenza

Durante i lavori per il Giubileo 2025, destinati a creare un unico spazio pedonale da Castel Sant’Angelo a via della Conciliazione e dunque alla Basilica di San Pietro, sono riemersi, nell’area di piazza Pia, una fullonica del II sec. d.C., il portico di una residenza tiberina, e una fistula plumbea.

È scesa così in campo, o meglio nello scavo, la cosiddetta “archeologia di emergenza” che in realtà opera mettendo in salvo i reperti rinvenuti in contesti di guerra o di calamità naturali.

Nel nostro caso, per fortuna, niente di così grave, ma la necessità di proseguire i lavori per l’Anno Santo e dunque l’impossibilità di potersi soffermare in loco sui rinvenimenti, hanno richiesto appunto all’archeologia di emergenza di smontare i reperti e spostarli negli spazi di Castel Sant’Angelo, dove cittadini e turisti potranno ammirarli durante il Giubileo.

2) Fullonica e vasche (dettaglio) II sec. d.C. © ministero della Cultura – Foto di Emanuele Antonio Minerva

Una lavanderia tra residenze imperiali

La fullonica, che è il nome latino della lavanderia, era il luogo in cui lavoravano i fulloni e cioè coloro che nell’antichità romana esercitavano più che il mestiere, “l’arte” di lavare e smacchiare tessuti, vesti, toghe e altri capi di abbigliamento.

Ma cosa ci faceva mai una lavanderia nel bel mezzo di residenze imperiali?

Intanto la fullonica rinvenuta in piazza Pia, secondo i primi dati archeologici, risalirebbe al II-III secolo d.C. e quindi al pieno periodo romano imperiale. E poi sappiamo da fonti certe che le aree di proprietà privata dei cesari, nel corso dei decenni, hanno cambiato destinazione d’uso e dunque è assolutamente plausibile che una precedente residenza privata sia stata poi trasformata, nel tardo impero, in una lavanderia per l’esercizio di attività pubbliche.

Del tutto nuova è invece la scoperta archeologica che una tale trasformazione sia potuta avvenire a Roma 200/300 anni prima di quanto le testimonianze in nostro possesso ci hanno finora svelato.

I cesari che erano soliti indossare vesti e toghe di gran pregio e finezza di tessuti, potrebbero aver optato, sin dal primo impero, per una lavanderia “a portata di mano” facendosela così incorporare nelle loro proprietà.

Non dimentichiamo inoltre che le fulloniche di quell’epoca erano arredate con stile e dotate di effigi sacre a cui fare voti.

3) Fistula plumbea con iscrizione di Caligola: “C(ai) Caesaris Aug (usti) Germanici”

Portico con vista Tevere

Le ulteriori stratificazioni archeologiche di piazza Pia, oltre a confermare che proprio lì sorgessero suggestive residenze imperiali e spettacolari giardini, hanno portato in luce un portico di proprietà dell’imperatore Gaio Caligola.

Suggello di tale appartenenza è il ritrovamento, sempre nel medesimo scavo, di una fistula aquaria in piombo, ovvero di una conduttura idrica con su scritto “C(ai) Caesaris Aug (usti) Germanici” e cioè Caio Cesare Augusto figlio di Germanico: si tratta inequivocabilmente di Caligola, il cui impero durò dal 37 al 41 d.C.

I segni del Giubileo

A Roma, in realtà si fanno scoperte archeologiche quasi tutti i giorni, eppure quelle avvenute in occasione del Giubileo, presentano delle coincidenze davvero interessanti.

Il Giubileo nasce dal libro biblico del Levitico che recita: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno […] e sarà per voi un giubileo». Nello stesso libro la pratica in assoluto più reiterata è proprio quella della «persona che si laverà le vesti e sarà pura», e niente in proposito è più attinente a ciò che si svolgeva nelle fulloniche.

Viepiù, il logo stesso del Giubileo 2025, realizzato quando ancora non si prevedeva la scoperta archeologica di piazza Pia, rappresenta 4 figure abbracciate in segno di fratellanza e stilizzate come vesti che sono anche le vele di una barca, quella dell’umanità che giunge dai 4 angoli della Terra.

Tornano le vesti che, lavate e purificate, vengono spiegate al vento dello Spirito Santo per far navigare in amicizia i popoli gli uni verso gli altri.

Vero protagonista della scoperta archeologica di piazza Pia è però Caligola.

Dei 12 cesari, possibile che sia riaffiorata, proprio in occasione dell’anno santo, l’iscrizione con i caratteri del più efferato e spietato degli imperatori romani? Caligola il “mostro”, come lo definì Svetonio, il principe sadico dai sandali chiodati, le caligae, che torturava e traeva piacere dalle sofferenze del prossimo. Il potere oscuro di Caligola tornato dal regno dei morti sembra ottenebrare le speranze del Giubileo.

Eppure Caligola non era sempre stato un mostro, anzi prima della malattia che lo sfigurò nell’anima, «graziò i condannati e i confinati – scrive di lui Svetonio – e concesse indulgenza a tutte le imputazioni che fossero rimaste in sospeso». E quale se non l’indulgenza è il più forte dei “segni” del Giubileo insieme al perdono che riconcilia con Dio?

Un mese prima della scoperta archeologica di piazza Pia, papa Francesco indiceva il Giubileo 2025 mediante una bolla il cui titolo, La speranza non delude, è la frase di conforto che l’apostolo Paolo portò proprio in quella Roma imperiale dove circa 15 anni prima era maturato l’orrore di Caligola il cui «peccato ha lasciato un profondo segno» nel fisico e nell’anima dell’umanità. Un segno difficile da dimenticare e ancor più difficile da perdonare.

Forse il futuro stesso della nuova umanità, tutt’ora insanguinata dagli orrori, si misura proprio nella forza che sapremo trovare nell’indulgenza, l’unica in grado di sostituire ai segni del potere, il potere dei segni.

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