I Sassi di Matera, trent’anni nel patrimonio Unesco
La notizia giunse da Cartagena in Colombia, dove il 9 dicembre 1993 nel corso della 17a sessione Unesco del “World Heritage”, i Sassi di Matera, grazie al loro rilievo storico, culturale e paesaggistico, divennero patrimonio mondiale dell’umanità. Fu un momento di grande emozione per tutti e in particolare per me che nelle fasi di studio preliminare avevo affiancato Rocco Mazzarone, mio mentore e professore di malattie infettive che guidò per mano Matera verso l’Unesco e che, curando dalla tubercolosi migliaia di materani che vivevano nelle grotte malsane, aveva fatto sì che quando i Sassi nell’86 sono tornati ad essere popolati, ci fosse ancora qualcuno in vita per poterli abitare.
Matera, dunque, dopo le pagine di Carlo Levi, lo sfollamento igienico sanitario del ‘53 e il soccorso del “Piano Marshall”, si affacciava nuovamente sull’uscio del mondo. Essere diventati un sito Unesco, però non era affatto un traguardo, ma l’inizio di un nuovo, lungo e difficoltoso percorso dei Sassi verso la rinascita. Protagonisti ne sarebbero stati prima di tutto gli abitanti dei Sassi che si erano finalmente riscattati agli occhi del mondo allorché in quel giorno del 9 dicembre 1993 i luoghi millenari della loro esistenza, un tempo “misera e irredimibile”, risaltarono agli onori della cultura e al riconoscimento unanime dei delegati di 28 Stati in rappresentanza dei 127 Paesi membri della “Convenzione Unesco”.
Un “eccezionale valore universale”
Riaprire quei faldoni polverosi e sfogliare quei documenti ingialliti dal tempo, suscita molti ricordi ed emozioni. Sono gli atti della memorabile 17a sessione di “Cartagena ‘93”. L’attenzione cade subito sui verbali del “Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti” (Icomos) e sulla scheda tecnica dei Sassi elaborata dall’architetto materano Pietro Laureano, mente e artefice della candidatura. «I Sassi di Matera – sancì l’Unesco – testimoniano le fasi più significative della storia dell’umanità e il loro eccezionale valore universale nasce dalla simbiosi tra le loro caratteristiche culturali e naturali».
Unesco ieri e oggi
Certo oggi qualcuno ritiene che l’Unesco con il suo eccessivo “istinto di conservazione” impedisca la costruzione di strade, gallerie, ponti, e via discorrendo e sia di «intralcio al progresso economico del Paese». Beh!, le vicende da noi vissute narrano tutt’altra storia: l’iscrizione dei Sassi nell’Unesco ha dato allo sviluppo culturale ed economico di Matera un input all’inizio silenzioso, addirittura invisibile, ma molto efficace e che sta ancora producendo i suoi effetti. La conseguente ascesa dei Sassi, è stata lenta sul finire del XX secolo e di più ampia falcata agli inizi del 2000 grazie all’implemento di leggi, buone pratiche e fondi ad hoc. È stato allora che l’eco del titolo Unesco, è valsa a Matera la spinta promozionale e finanziaria delle grandi produzioni hollywoodiane ambientate nei Sassi. Ciò mise subito in moto la macchina oggi inarrestabile del turismo. La recessione mondiale del 2006 fermò tutto, ma quei germi culturali che l’Unesco aveva riconosciuto e valorizzato nei Sassi non erano morti, anzi, erano silenziosamente incubati e avevano preso forma. Di più, avevano sprigionato una forza culturale, così “contagiosa” e irresistibile da essere nel 2016 l’invisibile fautrice della proclamazione di Matera a “Capitale europea della cultura” e a guidarne la scalata al tetto d’Europa nel 2019, l’anno effettivo del mandato culturale. La pandemia poi è storia recente, ma la città dei Sassi si è subito ripresa, anzi, come bilancio del trentennale Unesco, proprio quest’anno, nel 2023, e i dati statistici sono recentissimi, Matera è tornata a registrare numeri record nel turismo e a segnare nuovi primati culturali e di visite a musei e monumenti.
Un “patrimonio” di onori e oneri
Diventare patrimonio mondiale dell’umanità non significa solo avere dei primati, ma comporta anche grandi responsabilità amministrative. Prima tra tutte c’è la conservazione del patrimonio culturale, e sebbene Matera abbia fatto in questi trent’anni passi da gigante nel recupero dei rioni antichi, permangono ancora zone dei Sassi in abbandono e degrado. Il parco archeologico, poi, quell’ecosistema tanto decantato dall’Unesco, è rimasto privo di una gestione organica e le chiese rupestri sono incustodite e bersaglio di atti vandalici. Irrealizzata inoltre, malgrado gli sforzi istituzionali, è la bonifica del torrente Gravina, un tempo preziosa risorsa fluviale, oggi inquinata e malsana.
Il futuro nel segno dell’Unesco
Essere un sito dell’Unesco, lo si diceva prima, non è mai un punto di arrivo, ma una continua evoluzione. Il futuro prossimo dei Sassi, dunque, assisterà al completamento del “Parco della civiltà contadina” nel cuore del “Caveoso” e alla realizzazione dello straordinario “Parco rupestre delle cave”. A buon punto è anche la spettacolare “Ciclovia naturalistica” che costeggia l’oasi di San Giuliano. La strada da percorrere è dunque ancora lunga e tanti sono i progetti in cantiere, ma tutti portano in sé quel primo iniziale e invisibile input partito trent’anni fa dall’Unesco.
Gli eventi del trentennale
Convegni, dibattiti, sessioni di studio con docenti di fama mondiale ed esperti Icomos, ma anche rappresentazioni artistiche, musicali e teatrali. È così che Matera si appresta a commemorare il trentennale dell’iscrizione nell’Unesco. A presiedere ci saranno gli esponenti di ieri e oggi delle istituzioni locali, regionali e nazionali, tutti sotto i riflettori dei media di mezzo mondo. Eppure a tutto questo clamore mediatico di oggi, corrispose il quasi totale silenzio del ’93. All’indomani di quell’evento che avrebbe cambiato la storia dei Sassi, infatti, tranne poche fonti locali, quasi nessuno dei quotidiani italiani, riportò quella notizia pur così rilevante. Non si è mai capito il perché di quella non riconosciuta visibilità, sebbene proprio l’Unesco ci abbia dimostrato che spesso “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
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