I sardi cancellano privilegi e province

Raggiunto il quorum nei quesiti referendari: oltre mezzo milione di cittadini dice no alle nuove province e chiede l'abolizione di quelle esistenti
Referendum in Sardegna

Una vittoria schiacciante che la dice lunga su come i sardi abbiano un conto aperto con la politica, intesa come occupazione di poltrone. Potrebbe essere una delle chiavi di lettura del raggiungimento del quorum che i dieci quesiti referendari hanno registrato, superando la soglia del 33,3 per cento previsto dalla legge regionale.

Il 35 per cento dei sardi ha votato in una singola giornata e ha decretato la fine delle quattro nuove province regionali, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia Tempio. Non solo. Anche le quattro storiche province, Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano, secondo i sardi dovrebbero sparire, anche se con percentuali inferiori rispetto alle nuove nate.

Inoltre, via i consigli di amministrazione di Enti e Agenzie regionali, che a detta del comitato referendario rappresentano posti di compensazione per chi viene sconfitto alle elezioni: lì troverebbero ciò che non hanno raggiunto con l’elezione politica. Sì anche alla riduzione del numero e dei benefit dei consiglieri regionali, all’elezione diretta del presidente della regione e alla riscrittura dello Statuto sardo, per la quale si chiede però la convocazione di un’Assemblea costituente.

Idee chiare che domenica scorsa sono passate attraverso i voti di oltre mezzo milioni di sardi, i quali hanno lasciato casa e, sotto il diluvio che ha imperversato da Nord a Sud, hanno raggiunto le sezioni sparse in tutta l’isola per dire la loro. Questo nonostante la consultazione sia stata presentata in sordina dai media regionali e nonostante l’incredibile decisione di rinviare a giugno le elezioni amministrative, forse per mettere in pericolo il raggiungimento del quorum. Una scelta costata alla collettività alcuni milioni di euro. La gente però ha mandato un chiaro messaggio a chi siede su scranni e poltrone: attenzione, la stagione della cicale è finita, bisogna ritornare a fare le formiche.

Tra le ragioni di questa scelta dei sardi il ruolo che gli enti intermedi hanno giocato nell’ultimo periodo. Alcune delle loro competenze specifiche non sempre hanno trovato esecuzione, basti pensare alle condizioni in cui versano la maggior parte delle strade provinciali nell’isola, o le condizioni di sicurezza in cui versano le scuole in tanti centri. Su questo il comitato referendario ha fatto leva, a fronte invece di scelte, a volte discutibili, sulla partecipazione di amministratori provinciali a rassegne e fiere per la promozione del territorio, che di fatto poi non hanno avuto un reale riscontro economico adeguato.
Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza dei sardi.

In tempi di cassa integrazione, di mobilità, di chiusura di aziende e di ditte individuali, sapere che si sono spese diverse migliaia di euro per andare a promuovere il proprio territorio, ad esempio nei Paesi dell’ex cortina di ferro, a tanti non è piaciuto. Il voto di domenica l’ha confermato: c’è bisogno di sobrietà, di attenzione ai più deboli.

Ora saranno le forze politiche a dover trovare soluzioni a quanto i sardi hanno chiesto con i referendum. È probabile che le nuove province spariranno, come pure dovrà essere trovata soluzione per le altre quattro. Per ciò che riguarda le altre indicazioni, se la politica ritornerà ad essere servizio al bene comune, dalle prossime settimane partirà una lunga stagione di riforme che daranno un nuovo assetto alle amministrazioni e agli Enti locali. I sardi se lo augurano.

Questi comunque i risultati definitivi.
Per il primo quesito ha votato il 35,46 per cento degli elettori; per il secondo, il terzo e il quarto il 35,34 per cento. I primi quattro riguardavano l’abrogazione delle quattro province di recente istituzione. Per il quinto (abolizione province storiche), il sesto (Assemblea costituente), il settimo (elezione diretta del presidente della regione) si è espresso il 35,33 per cento. L’ottavo, quello che abroga l'indennità dei consiglieri regionali, ha avuto il 35,35 per cento. Sul nono quesito, sull'abolizione dei Cda degli enti strumentali e Agenzie della regione si è pronunciato il 35,34 per cento, mentre per il decimo, sulla riduzione a 50 del numero dei consiglieri regionali ha votato il 35,39 per cento.

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