I risvolti della sentenza di Berlusconi
Abbiamo chiesto al penalista Orazio Moscatello un esame della sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato, in primo grado, Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Una novità di questa sentenza è la condanna a sette anni superiore ai sei richiesti dagli stessi pubblici ministeri. Perché?
«Normalmente il giudice accoglie le richieste del pm e per esperienza aggiungo che non mi è mai capitato di assistere ad una sentenza che supera quanto richiesto dal pubblico ministero. Qui c’è una stranezza, ma la motivazione è legata alla qualificazione giuridica del reato, che è di fatto cambiata. La procura aveva rilevato la concussione per induzione che è una forma di reato, se vogliamo più blanda e attenuata, perché significa che nell’induzione l’imputato, con artifizi e raggiri, mi ha portato a compiere un atto o un reato. Invece l’imputazione per Berlusconi è diventata concussione per costrizione, cioè è stata ravvisata violenza o minaccia».
E quindi…
«Qui sta il nocciolo della questione. La testimonianza dell’agente di pubblica sicurezza, una donna, è stata molto dibattuta. Se avete seguito il dibattimento vi ricorderete che si arrivava quasi alle mani con la Bocassini. L’agente sosteneva che tutto si fosse svolto nella normalità e che Berlusconi era stato gentilissimo e che non c’era stata costrizione alcuna. Ora sembra che, oltre lei, anche gli altri 31 testimoni chiamati in causa al processo abbiano rilasciato false testimonianze. Riferire della tranquillità di Berlusconi contrastava con le intercettazioni telefoniche e quindi sembra che avessero agito di fatto per la minaccia e quindi nelle testimonianze propendessero per aiutare l’imputato. Per dire se sia provato o meno bisognerebbe leggere tutti i documenti, ma sembra che la minaccia per scarcerare la ragazza ci sia stata realmente. Da qui la diversa qualificazione giuridica del reato e il tribunale può modificare tale qualificazione perché è il giudice a definirla e non la procura. Questa nuova fattispecie di reato è punita con pene più severe e per questo si è passati dai sei ai sette anni. È insolita questa condanna rispetto alla richiesta dei pm, ma è motivata dal differente reato e quindi è legittima, ma anche se si tornasse alla concussione per induzione si tratta sempre di sei anni. Ad avere benefici in questo secondo caso sarebbe solo l’agente di pubblica sicurezza che verrebbe scagionata dalla falsa testimonianza».
Questa nuova condanna avrà ricadute sugli altri processi a carico di Silvio Berlusconi?
«La ricaduta si avrà su quella confermata dalla corte d’appello di Milano nell’ottobre del 2012, dove Berlusconi è stato condannato per quattro anni per frode fiscale. Anche lì c’è stata l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Per questa sentenza lui ha potuto usufruire del condono del 2006 per cui tre anni di questi quattro gli sono stati condonati. Qui il procedimento è stato molto veloce perché lo stesso giorno della condanna sono state depositate le motivazioni e per questa procedura lo stesso Ghedini si è arrabbiato. Perché? Il reato va a prescriversi nel 2014 e quindi per velocizzare i tempi si è scelto di depositare le motivazioni insieme alla lettura del dispositivo e non si sono utilizzati i 90 giorni previsti. La contemporaneità ha fatto sì che i termini dell’appello ricorressero da quel giorno per cui entro 15 giorni bisognava procedere. L’appello ha confermato la condanna di primo grado. La sentenza sul caso Ruby revoca il condono, perché uno dei presupposti per usufruire del condono è di non commettere altri reati o di non avere una condanna per reato diverso. Ora poiché il reato di frode si prescrive nei primi mesi del 2014, la Cassazione fisserà presto i termini dell’udienza e credo che ci sarà una conferma della sentenza della Corte d’appello. Questo significa che sarà la prima sentenza definitiva nei confronti di Berlusconi e sarà esecutiva sotto tutti i profili, quindi anche per l’interdizione dagli uffici e la decadenza di qualsiasi carica istituzionale. Berlusconi è consapevole di questo rischio ed è per questo che ripete: "Mi vogliono buttar fuori dalla politica per via giudiziaria". Con la condanna definitiva potrebbe rischiare quattro anni di carcere, ma data l’età forse si troverà un’altra pena commisurata. Certo è che se fosse diventato senatore a vita, la condanna non avrebbe avuto alcun effetto».
Qualcuno ha definito la presenza in aula del procuratore capo Bruti Liberati intimidatoria nei confronti del collegio giudicante. Lei che valutazione dà?
«La responsabilità delle indagini è sempre del procuratore capo, anche se poi lui utilizza i sostituti. Nei processi di rilievo a livello nazionale presenziano sempre alle sentenze. Non c’è eccezione per Berlusconi. Ad esempio quando ci fu la sentenza per il complesso immobiliare abusivo di punta Perotti a Bari si è presentato in aula il procuratore capo e lo stesso è accaduto per la sentenza della Thyssen a Torino, dove si è presentato Caselli. La presenza di Bruti Liberati in aula non è un segnale di accanimento».
Eppure in questi mesi si è più volte ribadito che Milano non era la sede opportuna per questo dibattimento e l’avvocato Ghedini ha chiesto il trasferimento a Brescia. Potrebbe accadere che l’appello si svolga in una sede differente?
«Ora non è più un discorso di procura. Se la richiesta del pm è fatta propria da un tribunale, significa che la procura esce di scena perché ha portato indagini, prove e si è fatto un dibattimento in merito per cui quelle prove hanno confermato l’impianto accusatorio. Adesso se si volesse avanzare una richiesta di trasferimento, bisognerebbe dire che sono i giudici ad avere un atteggiamento non indipendente. Mi sembra, però, che si rischi di cadere nel ridicolo: prima la procura, poi i giudici, poi l’appello. Sembra che tutti ce l’abbiano con Berlusconi. La vicenda è ad un terzo della strada, ora ci vuole l’appello e la cassazione. Supporre alla fine di questo percorso che dalla Procura alla Cassazione sia in atto un processo persecutorio mi sembra davvero eccessivo, anche se questa è la tesi portata avanti dalla difesa e da Berlusconi. Questo presunto accanimento in tutti i gradi di giudizio non mi sembra sia una valutazione corretta. Mi sembra che si porti sul piano politico una vicenda decisamente giudiziaria».