I rischi dei bacini artificiali

Siamo sicuri che la creazione di invasi per le centrali idroelettriche sia sempre conveniente e giustificata?
diga
La costruzione di dighe per produrre energia idroelettrica é una questione controversa che riceve critiche spesso fondate. I movimenti ambientalisti hanno sollevato il problema della modificazione del territorio per la creazione di bacini artificiali: l’acqua scorre e si accumula seguendo o meno gli ostacoli che incontra, penetrando nel terreno con una profonditá che dipende anche dalla capacitá del terreno di assorbirla, provocando un tasso di umiditá. Laghi, fiumi, ruscelli, torrenti, lagune, pantani influiscono su fauna e flora ed é difficile per noi – assetati di energía elettrica per sostenere il nostro stile di produzione e di consumo – riprodurre l’inclinazione della natura, soprattutto quando si tratta di creare megastrutture e grandi bacini.

 

Nei paesi in via di sviluppo, tali opere impongono il trasferimento di abitanti ed un conflitto di interessi di difficile soluzione. Si pensi a gruppi etnici stanziati da secoli in una zona, eredi di una cosmovisione legata al territorio abitato, fonte di rispetto per le ricchezze naturali considerate come un dono e non una "cosa" da usare a piacimento.

 

Non sono rari i casi in cui si sono costruite vere e proprie “cattedrali” nel deserto. Nel 1998 la Banca Mondiale creò una commissione per valutare i risultati ottenuti da una serie di opere finanziate in proprio (il dossier é reperibile su Internet). Il risultato mise in discussione l’efficacia di queste grandi opere e l’opportunitá delle stesse. Altri hanno messo in discussione anche la finalitá occulta di tali progetti realizzati in paesi poveri (vedi John Perkins, Confessioni di un sicario dell’economia, 2005). Dallo studio della Banca Mondiale emerse, inoltre, che negli Stati Uniti la metá delle dighe realizzate dagli anni ’70 erano in fase di smantellamento.

 

Parla chiaro il caso recente del Giappone, con un migliaio di dighe su meno di 380 mila km quadrati di territorio ad alto rischio sismico, il 73 per cento del quale montagnoso, con decine di centrali nucleari: il disastro della centrale di Fukushima é stato l’effetto combinato di terremoto, tsunami e collasso di una diga vicina.

 

Abituati alle semplificazioni schematiche da talk show, a favore o contro, vorrei motivare una riflessione serena. Il mondo globalizzato vive immerso nella interdipendenza e nella complessita dei problemi, che necessitano di analisi transdisciplinari. La domanda di energia, meglio se a costi bassi, é un fatto reale. Ma tale necessitá non puó motivare qualsiasi decisione. Modificare il nostro habitat non é cosa facile e ha le sue controindicazioni.

 

Nella scelta delle fonti energetiche si é operato spesso indotti da forti interessi economici, come quelli dell’industria petrolifera ed atomica, o quelli dei capitali finanziari che hanno fatto indebitare e poi messo sotto controllo i Paesi piú poveri.

Si é scartato il contributo dell’energia solare, di quella eolica ed altre fonti alternative perché insufficienti, capaci di produrre solo il 15-20 per cento del fabbisogno energetico. Per poi scoprire che la produzione di energia atomica copre esattamente tali percentuali. Allora vanno riviste le modalità di affrontare questioni nelle quali intervengono diritti legittimi, ma che hanno bisogno di analisi meglio soppesate. La democrazia ci offre strumenti efficaci in tal senso. 
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