I rickshaw di Kolkata e l’Anno della fede
Sono migliaia, in passato forse anche decine di migliaia. Senz’altro era impossibile contarli tutti. I rickshaw sono l’immagine di Calcutta, da qualche anno ribattezzata Kolkata. Questi uomini che corrono costantemente trainando i due ruote su cui sono seduti i famosi baboo (la classe media della città) fanno parte dell’immagine della città, delle sue viuzze strapiene di gente che cammina o che siede accovacciata, dove riescono a passare con grande maestria, senza toccare la gente e aprendosi la strada con suoni che tutti sanno riconoscere perché sono solo loro.
Alcuni di questi uomini-cavallo, come qualcuno li ha definiti, sono legati a famiglie da generazioni, che da sempre chiamano lo stesso rickshaw, con i padri che chiamavano il padre o il nonno di quelli che lo guidano oggi. È un mestiere fra i più duri e crudeli al mondo: ti succhia il sangue dalle vene, ti prosciuga i polmoni e te li riempie dell’inquinamento che avvolge la città indiana dove vivono quindici milioni (forse persino di più) di persone.
Li abbiamo visti in cartolina, nelle immagini di film famosi come La città della gioia, ma anche nella vita di Madre Teresa. Ecco, i rickshaw richiamano all’immaginario la capitale del Bengala come forse nient’altro e nessun altro, eccetto la Madre, la suora macedone-albanese oggi santa.
Ebbene, anche questa volta sono entrati nella storia… o forse qualcuno li ha coinvolti in un momento che senza dubbio resta unico nel suo genere. Una parrocchia della metropoli indiana ha proposto un momento di celebrazione proprio con coloro che sono cristiani fra quelli che trainano i rickshaw per le vie di Kolkata.
Per un giorno un centinaio di questi uomini, cristiani, si sono fermati a celebrare con una processione multicolore l’Anno della fede. Tutti in una maglietta rossa con cappellini bianchi che riportavano il motto della celebrazione: «Amo la mia fede». Il parroco è passato fra loro dando una benedizione ai veicoli a due ruote, tutti in legno, e ai conducenti. I protagonisti della celebrazione sono stati loro, partecipando alla messa serale, a cui hanno preso parte attivamente con letture e canti. È seguito un programma culturale dove hanno presentato alla parrocchia, tenuta dai salesiani, alcune scenette di vita vissuta e del quotidiano di quelli che fanno il loro mestiere. I parrocchiani si erano organizzati per offrire regali personali e preparare la cena che ha concluso il programma.
Ranjan, uno di loro, al termine della serata ha commentato: «Siamo rimasti toccati da questa iniziativa che ci ha coinvolti e torniamo a casa con una fede rinnovata in Dio e nella comunità parrocchiale, che abbiamo scoperto essere interessata a noi in modo tangibile».