I primi giorni di scuola

“Lorenzo frequenta da poco la prima elementare. Le insegnanti ci dicono che è attento e si comporta bene. Quando rientra a casa però, non lo riconosciamo più: è spesso agitato, nervoso” Siamo molto preoccupati per la sua incoerenza comportamentale: a scuola è un alunno modello, mentre a casa è un bambino ribelle. Cosa possiamo fare?”. Una coppia di Milano Il passaggio dalla scuola materna alla scuola elementare è sempre un momento delicato per un bambino. Nella materna la struttura è a misura sua: i banchi, i bagni, le seggiole, tutto è piccolo. I tempi sono strutturati tenendo conto del ritmo di apprendimento del bambino e le insegnanti, di solito, sono pronte a sostenerlo. Insomma, il bambino sperimenta che tutto è a suo servizio e lo sostiene. Nella scuola elementare, soprattutto nei primi giorni, la realtà è ben diversa. I banchi sono più grandi, così come tutta la struttura scolastica; presto le insegnanti consegnano al bambino un orario scolastico, con tempi precisi e richieste circostanziate; i compagni non sono quelli della scuola materna; le insegnanti sono nuove, con aspettative ben precise. Il bambino avverte le attese degli adulti (anche dei genitori) e soprattutto si confronta, per la prima volta, con una realtà che è sempre presente nel suo intimo: l’immagine di sé. Sostanzialmente essa viene determinata da due fattori: dal giudizio che ciascuno ha di sé e dal giudizio degli altri. Lorenzo è quindi emozionato e vuol fare bella figura di fronte alle maestre e ai nuovi compagni. L’essere bravo, accettato, stimato, non fa altro che confermare positivamente l’immagine di sé. Ma per essere così, per contenersi ed essere accettato, egli impiega molte energie. Quando poi ritorna in famiglia, è naturale che senta il bisogno di scaricare l’ansia: non serve più fare il bravo, perché sa perfettamente che i genitori gli vogliono bene. E allora, come aiutarlo? Lorenzo è un bambino normale che si sta adattando alla nuova realtà. È bene non drammatizzare la situazione evitando il confronto fra il comportamento scolastico e quello familiare; gratificarlo per il successo a scuola, manifestando gioia e approvazione; tollerare il suo nervosismo, cercando nei momenti di calma di indicargli comportamenti diversi, dandogli la fiducia che sicuramente riuscirà a migliorare. In questo modo pian piano egli si adatterà alla nuova situazione e diventerà sempre più coerente e sereno. L’IDEA DI SÉ E L’AUTOSTIMA I bambini sviluppano precocemente una propria concezione di sé (autostima), basata sui giudizi che gli altri danno di loro. Anch’essi giudicano il proprio operato e formulano confronti fra sé e gli altri (distinti in “altri maschi” e “altri femmine”), centrati, oltre che sulle caratteristiche fisiche, soprattutto sulle proprie abilità, le qualità morali, le capacità intellettuali, fino a costruire un profilo psicologico di sé stessi e a rendersi conto delle differenze fra il Sé reale e il Sé ideale, che rappresenta ciò che l’individuo si propone di essere. I genitori possono favorire positivamente l’acquisizione nel bambino di una sufficiente autostima, mediante semplici atteggiamenti e cioè: 1) prendendo atto dei “pensieri” del bambino con un ascolto profondo; 2) favorendo esperienze ove egli possa provare successo e non fallimento; 3) mostrando un’immagine di sé (come adulti) positiva e tollerante; 4) facendo sentire al bambino che è degno dell’affetto anche quando non si è comportato bene (correggendolo ma, ad esempio, salutandolo sempre prima di andare a letto). Del resto questa è l’esperienza che i credenti vivono quando avvertono che Dio li ama sempre, sempre, nonostante i loro sbagli. acetiezio@iol.it

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