I Preludi di Chopin
Gloria Campaner è un personaggio particolare. Artista versatile, eccellente pianista, personalità eclettica che ha ispirato e partecipato a progetti originali che coniugano la musica con la danza contemporanea, il teatro, il cinema, il jazz, ha deciso di prendersi un periodo di “stacco”. Cioè, come dice Alessandro Baricco introducendo la serata romana al Teatro Argentina, di vivere per un poco di tempo – quanto? Con gli artisti non si sa mai – lontana da quel mondo concertistico e mediatico che le è proprio ormai da un certo tempo.
Prima, però, ha inciso per Warner i 24 Preludi di Chopin che ha eseguito a Roma, avvolta in un vestito scuro elegantissimo.
I Preludi che Chopin scrive prima del 1838 in varie date per poi raccoglierli sono un genere unico: si tratta di schizzi, impressioni, sensazioni ed emozioni che in verità preludono a ben poco perché in effetti sono un viaggio dentro la propria anima. Ed è così anche che li ha intesi e presentati la pianista. Cosa hanno di originale questi brani nel pur originalissimo mondo di Chopin mai abbastanza esplorato?
Dimentichiamo lo Chopin elegiaco, delicato, emotivo, lunare dei Notturni o quello esuberante, innovativo degli Studi. Chopin non era solo il classico “poeta del pianoforte” come si è tanto e troppo detto e scritto. Chopin pensava in grande anche quando scriveva cose piccolissime come il Preludio numero 7 di sole 16 battute. Il motivo era ed è semplice per chiunque si immerga nel suo mondo che è poi quello universale del sentimento nel senso più “cosmico” del termine: Chopin parla sempre e comunque non solo al singolo cuore ma a quello dell’umanità.
Ed ecco allora che nei Preludi la marcia del numero 9, il fascino da notturno del numero 17, il corale del numero 20, la drammaticità del numero 23 e il celebre numero 15 sono, nella brevità, nella luce, nel fuoco o nell’incanto esplosioni autentiche di un mondo interiore dove oltre il virtuosismo, la fatica pure di trovare il “suono” ed il ritmo giusto si può arrivare a comunicare qualcosa che ha a che fare con la voce più acuta dello spirito umano.
Gloria Campaner eccelle nei passaggi, nella tecnica, nella scioltezza, quasi nella disinvoltura, certo nella naturalezza. Fa ricordare quella di Chopin: ricordi, impressioni, evocazioni che la pianista avverte uscir da sé mentre suona con vigore ma senza esagerare i brani.
Naturale il successo del pubblico – anche mondano, presenti diversi personaggi dello spettacolo e della musica – per la magnifica esibizione cui tuttavia avrebbe giovato un maggior abbandono, un minor controllo. Gloria giustamente è precisa, perfetta, attenta. Forse, stando per un poco in “pausa” potrebbe scoprire altre corde chopiniane, altri accenti, in definitiva altre e ancor più belle novità. Chopin è ancora inesplorato.
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