I ponti di fraternità di Gerusalemme

Si apre la Settimana Mondo Unito dalla scala dove Gesù ha pregato per l’unità. Giovani di 25 Paesi lanciano il progetto “Be the bridge”
gerusalemme

Porta di Giaffa, ore 16. Siamo nel cuore storico, commerciale e turistico di Gerusalemme. A pochi metri il Museo di Davide e le stradine del suk che conducono al Santo Sepolcro. Turisti, commercianti, militari: questo è il pubblico calamitato dal flashmob dei Giovani per un mondo unito che in Terra Santa hanno scelto di chiudere l’anno del Genfest e lanciare la seconda tappa del progetto che li vede costruttori di ponti di dialogo. Sono palestinesi e israeliani, cristiani, ebrei, musulmani quelli che danno il via alla coreografia: loro stessi sono dei ponti, quelli che metaforicamente disegnano con il loro corpo. Poi la marcia lungo le mura della città: scorrono accanto allo striscione “Be the Bridge” (essere ponti) la Porta di Sion, la Torre di Davide, il minareto della Moschea al-Aqsa, l’orto degli ulivi.

Luoghi che parlano al cuore e alla storia di tutti i presenti, non solo a quello di chi è nato qui o ha avuto il permesso di entrare dai Territori palestinesi, ma anche dei 120 giovani che da una settimana stanno percorrendo questa terra con incontri, workshop, simposi all’insegna del dialogo e della fraternità. La meta finale della marcia è un anfiteatro naturale accanto alla scala dove la tradizione vuole che Gesù abbia recitato la preghiera per l’unità. Una preghiera che in questa terra è quotidiana attesa ma soprattutto impegno faticoso e creativo di associazioni e singoli che non si risparmiano nel progettare occasioni di pace.

Sotto la Spianata del Tempio, a fianco dell’orto degli ulivi, davanti al cimitero ebraico, inizia il collegamento mondiale che apre la Settimana mondo unito, l’expo che per sette giorni vedrà accese nel mondo luci di speranza, fatte di testimonianze e iniziative proprio all’insegna dell’unità e dell’essere ponti, da qui il titolo della manifestazione: “Be the bridge”, appunto.
I microfoni sono in mano a Lara, giovane araba cristiana di Gerusalemme, e di Youssef, israeliano arabo di Haifa. In platea musulmani, ebrei e cristiani provenienti da città attualmente separate dal “Muro della vergogna” (per i palestinesi) o dalla “Barriera di autodifesa” (per gli israeliani), che in questo luogo non solo aprono una breccia sui posti di blocco ma tracciano una strada lastricata di speranza, di perdono, di futuro.

Un ulivo viene piantato per siglare questo patto di fraternità anche con tutti gli altri giovani del mondo che via Internet stanno seguendo l’avvenimento: da Mumbai, da Budapest, dalla cittadella di Loppiano dove sono radunati in più di duemila con lo stesso impegno ad essere ponti. Parte del progetto (www.unitedworldproject.org) è allargare la rete di persone che ha scelto di vivere la Regola d’oro nella propria vita. Già vi hanno aderito sindaci, personalità politiche e religiose, mentre rappresentanti dell’Unesco in vari Paesi hanno incoraggiato l’iniziativa. Obiettivo finale poi è realizzare una sorta di “atlante della fraternità” che raccolga e schedi i tanti fatti che ogni giorno sono in qualche modo il respiro di speranza del mondo. Da Gerusalemme si parte con questa scelta di pace, fatta di piccoli gesti, di fatti quotidiani che hanno l’ardire di dire ai grandi del mondo che la storia è fatta anche di questo.
 

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